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Conte: «L’ossessione per la vittoria? Guadagniamo tanto, abbiamo il dovere di essere eccellenze»

Alla Gazzetta: «Sono rimasto amareggiato per le parole di Moratti che ha parlato di mancanza di attaccamento. Ci siamo sentiti, si è scusato»

Conte: «L’ossessione per la vittoria? Guadagniamo tanto, abbiamo il dovere di essere eccellenze»

Intervista di Antonio Conte alla Gazzetta dello Sport.

Viene citato Massimo Moratti che al Fatto Quotidiano ha detto che “nel suo addio ha visto una mancanza di attaccamento”.

«Non nego di essere rimasto sorpreso e amareggiato nel leggere quelle parole di Moratti, un uomo elegante, intelligente e appassionato, che con la sua famiglia rappresenta la storia dell’Inter e ne conosce ancora oggi tutte le dinamiche e i risvolti. Ma ci siamo sentiti al telefono e il presidente si è scusato per quelle frasi che non rappresentavano il suo reale pensiero. Chiunque mi conosca, non solo lui, sa quale attaccamento ho sempre avuto per i colori che ho rappresentato, a cui do la mia totale dedizione, anima e corpo. Ovunque sia stato ho costruito gruppi che ha vinto, gettando un solco importante per il futuro. C’è chi lascia squadre spremute, con campioni che hanno dato tutto e non ne hanno più. Io ho sempre lasciato nella mia carriera squadre con giocatori giovani, migliorati e valorizzati. Gruppi unitissimi con la mentalità vincente. Che non si acquista al mercato, ma è figlia di un lavoro certosino, quotidiano, curando i minimi particolari, senza mollare mai, ognuno nel suo ruolo ma per il bene comune, perché è la somma dei particolari che alla fine farà la differenza. Io scherzando ma non troppo dico che le vittorie stanno anche nei prati tagliati bene dei campi di allenamento».

La famosa ossessione per la vittoria di Conte.

«Dovrebbe essere un vanto e un complimento, ma su questa etichetta c’è pure chi ci gioca adombrando una negatività che non esiste. Vede, sin da piccolo tutto ciò che ho avuto l’ho costruito attraverso il lavoro, le conoscenze, il sacrificio e la passione. Che non significa non saper anche allentare e sorridere. Ma i risultati arrivano attraverso quelle caratteristiche che le ho elencato. Chi lavora in un top club, in qualsiasi ruolo, deve dare il massimo sempre e meritarselo. Siamo dei privilegiati, guadagniamo tanto, abbiamo il dovere di essere delle eccellenze: io sono esigente prima di tutto con me stesso e poi con gli altri. Non gioco per partecipare, gioco per vincere. Mi chiamano per questo. Da me pretendono tutti la vittoria e non mi fanno sconti. I giudizi cambiano se ci sono io in panchina. Lo accetto, so di avere questa responsabilità, ma credo di aver dimostrato di sapere anche come si arriva alle vittorie. Vincere è maledettamente complicato e ripetersi lo è ancora di più. Io non ho mai preteso squadre che potessero vincere con la pipa in bocca, perché neanche esistono, io le ho quasi sempre costruite accettando però progetti che avessero quel percorso e quella ambizione. Devo vedere la luce in fondo al tunnel, anche fioca ma devo vederla e sapere che tutti faranno il massimo per renderla sempre più vicina e accecante fino a raggiungerla. Per non mollarla più».

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