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Liana Orfei: «Totò mi chiedeva sempre dei clown, era convinto che fossero persone molto tristi» 

A Il Giornale: «Eduardo? Un genio. Mi insegnò a cantare in napoletano e non volle che fossi sostituita neppure quando mi ammalai gravemente alle corde vocali. Aspettò che guarissi»

Liana Orfei: «Totò mi chiedeva sempre dei clown, era convinto che fossero persone molto tristi» 

Il Giornale intervista Liana Orfei, cugina di Moira. Giura che tra loro non c’è mai stata rivalità.

«No, eravamo diverse. Moira è diventata meritatamente un’icona del circo perché il circo ha rappresentato per lei un impegno quasi totalizzante. A un certo punto le nostre strade si sono divise. Io ho avuto un percorso più diversificato tra cinema, teatro e televisione. Con Moira ci eravamo riavvicinate negli ultimi anni. E la sua morte ha lasciato un gran vuoto».

Liana ha lavorato nel cinema con grandi attori e registi, come Marcello Mastroianni e Ugo Tognazzi. Con entrambi girò scene che comprendevano baci. Racconta quello con Tognazzi.

«Fu una vicenda tragicomica. Tognazzi sul set doveva darmi un bacio “cinematografico“. Ma, da latin lover impenitente qual era, si fece prendere dalla passione e andò un po’ troppo in “profondità“. Allora io reagii con una sonora sberla. Ugo, regista e troupe rimasero per un lunghi secondi in attonito silenzio, poi scoppiammo tutti a ridere».

Ci fu un bacio, sempre cinematografico, anche con Renzo Arbore.

«Interpretavamo il ruolo di due innamorati per un fotoromanzo. A un certo punto la sceneggiatura del fumetto prevedeva un “bacio finto“. Lui si avvicinò a me e, molto timidamente, mi chiese: “Cos’è un bacio finto? Io conosco solo i baci veri“».

Tanti gli aneddoti che racconta Liana. Come le avances da parte di Luchino Visconti.

«Ero appena stata premiata con La “Caravella d’oro“ e durante la cena di gala Visconti, uomo di grande fascino, mi aveva ricoperto di complimenti culminati in un abbraccio focoso con annesso tentativo di bacio. A quel punto lo spinsi con forza – da ex trapezista avevo delle braccia decisamente allenate – e mi rifugiai in camera».

Ma Visconti non si rassegnò.

«Macché. Ancora agitata per quanto appena accaduto, aprii la porta del balcone. Era una sera meravigliosa con una luna enorme e un profumo di glicine nell’aria. Improvvisamente sento degli strani rumori e riconosco Visconti che si sta arrampicando sull’inferriata del mio balcone. Gli chiusi la finestra in faccia e scappai nella camera di una attrice mia amica dove trascorsi la notte. Luchino non l’ho più visto ma quell’episodio non l’ho mai dimenticato».

E ancora, il ricordo di Federico Fellini.

«Federico è stato un punto fermo non solo per la mia esperienza cinematografica, ma un maestro di vita. Era intimo amico di tutta la famiglia Orfei e con Giulietta Masina veniva a mangiare i tortellini fatti da mia nonna. Era anche lui amante del circo, evocato in molti dei suoi capolavori, e questo ha contribuito a tenerci sempre affettuosamente uniti».

Nei suoi racconti c’è spazio anche per Totò.

«Ho conosciuto tanti veri nobili, ma mai un principe della signorilità come lui. Mi chiedeva sempre dei clown, era convinto che nel loro privato fossero persone profondamente tristi. Forse proiettava in loro un suo stato d’animo malinconico, come del resto ben dimostra la sua celebre poesia dedicata proprio ai clown».

E su Eduardo De Filippo.

«Un genio. Mi insegnò a cantare in napoletano e non volle che fossi sostituita neppure quando mi ammalai gravemente alle corde vocali. Aspettò che guarissi, nonostante Domenico Modugno che era il produttore dello spettacolo insistesse per la mia sostituzione».

 

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