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Napoli ancora non sa quant’è forte Lozano

Siamo ben oltre “non è Vargas”. Segna, fa segnare, fa espellere gli avversari, spacca le difese. I suoi limiti sono ancora inesplorati. Solo tre volte ha giocato 90 minuti

Napoli ancora non sa quant’è forte Lozano

Ora che ce lo siamo detti, che Lozano è davvero forte, non è più il caso di litigare a chi l’aveva detto prima. O, meglio, di rinfacciarci la miopia di chi non lo diceva affatto. Mettiamo in prescrizione i paragoni con Edu Vargas – un trauma mai elaborato del tutto da una piazza che prende male i “bidoni” manco li pagasse di tasca propria – e passiamo oltre: quanto è forte davvero Lozano?

È una domanda, non un’esclamazione eccitata che renda il senso dell’ennesima prestazione dirompente del messicano ex-pacco: quali sono i suoi limiti? Cosa ancora non ci ha fatto vedere? Dove può arrivare?

Lozano, da settembre, è un asso pigliatutto: segna, dribbla, scatta, scassa, prende botte, strappa, fa assist e fa espellere gli avversari. È decisivo. Non fosse per un’indole pia da atleta di Cristo, se ne starebbe a bullarsi su Instagram come fanno i suoi coetanei campioni più accorti al commercio della frivolezza. E invece sta in campo, dove lo mette Gattuso, a fare quel che Gattuso non credeva potesse fare appena pochi mesi fa. A destra, per impostazione tattica, ma più che altro al centro di tutto il gioco offensivo del Napoli. Di questa nuova stagione ondivaga lui è la certezza, non più la sorpresa. È il top player, qualunque cosa significhi da Ibra in poi.

Ancelotti l’aveva scelto anche per la sua velocità. Per la sua capacità di produrre accelerazioni, di spaccare le partite. Una skill da videogioco, che ancora adesso l’allenatore dell’Everton sottolinea:

«ha qualcosa di speciale, la velocità. È molto rapido. L’anno scorso ha avuto difficoltà perché è stato comprato gli ultimi giorni di mercato»

Gattuso l’ha ricomprato quest’estate, raccontano i retroscenisti: “Se me lo lasciate, lo rimetto a posto e lo faccio giocare titolare”, disse alla società dopo averlo tenuto in ghiaccio da gennaio a luglio. La narrazione corrente ne fa una sua creatura, la cui rinascita sarebbe il risultato di quest’educazione siberiana. Qualcuno più malizioso direbbe: si è arreso all’evidenza. 

Com’è come non è, Lozano è giunto a maturazione nonostante tutt’attorno gli continui a girare una squadra spesso incoerente. Finora ha giocato 90 minuti pieni solo tre volte: con l’Atalanta (doppietta), con l’Inter e ieri a Cagliari. Ha segnato sette gol in campionato e uno in Europa League, al Rijeka. Nessuno su rigore. Pur nel turnover dei molti attaccanti del Napoli, ha trovato una costanza dettata soprattutto dalla sua inevitabilità: è una scintilla, innesca cose, le fa accadere. Soprattutto le ammonizioni e le espulsioni degli avversari. È un’anima inquieta, anche quando il resto della squadra manca del tanto abusato “veleno”.

Prima del gol, a Cagliari, lo abbiamo visto un paio di volte colpire di testa al centro dell’area, cose da centravanti. E d’altra parte la prima volta che si presentò ai napoletani, contro la Juve, fece gol con una rapidità d’azione rapace. Il gol al Cagliari è su quello stesso spartito: la palla rimbalza tra un paio di cosce, e lui la butta dentro. Opportunismo, si diceva una volta.

Nel preventivato 4-4-2 di Ancelotti doveva fare la seconda punta che sfruttava tutta le verticalità dei suoi schemi. Proprio perché alla velocità da ala che punta il fondo per il cross abbina – ce l’ha dimostrato più volte – il senso del gol, la velocità d’esecuzione, gli artigli. È più attaccante di Insigne, se si può scrivere senza che qualcuno s’offenda. Non è riducibile solo a parte esterna di un tridente, si presta ad essere malleabile. Vola in campo aperto, punge nell’area piccola.

Ormai Lozano è tornato a costare i milioni che fu pagato, al termine di un tortuoso cammino di redenzione. Ha ritrovato nome e valore di mercato. In una specie di gioco dell’oca che gli ha imposto un passaggio per il via mentre proprio l’acquisto oneroso da parte del Napoli l’aveva suggerito al mondo come futuro crack.

E dunque: quanto è davvero forte Lozano? Che sia una domanda, ancora oggi, è positivo: implica il dubbio che questa sua adolescenza partenopea abbia nascosto il suo potenziale finale. Che il “vero” Lozano non l’abbiamo ancora visto. Che questa versione eccitante del timido sprinter di un anno fa, sia solo una premessa.

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