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Il matematico: «Riaprire le scuole è un’imprudenza. Il contagio non scende da novembre» 

Giovanni Sebastiani a Repubblica «Inizieremo a capire quali sono i risultati delle misure prese a Natale proprio a ridosso del 7 gennaio. Potremmo indicare lunedì 28 gennaio come giorno di rientro». 

Il matematico: «Riaprire le scuole è un’imprudenza. Il contagio non scende da novembre» 

La Repubblica intervista il matematico Giovanni Sebastiani. Lavora al Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il tema è quello del possibile rientro a scuola in presenza.

«Un’imprudenza. Il contagio ha ripreso a salire e comunque da novembre non scende più. Questo nonostante ci siano state restrizioni dal 4 novembre. Potrebbe dipendere dalla variante inglese e la situazione non è sotto controllo. Non a caso, nel Regno Unito si riparte il 18 gennaio».

Il vero lockdown, spiega, è iniziato il 24 dicembre. È troppo presto per capirne i risultati.

«Inizieremo a capire quali sono risultati ha maturato proprio a ridosso del 7 gennaio. Oggi sappiamo che 7 regioni vedono una crescita dei malati in terapia intensiva e che, ancora il 2 gennaio, i positivi sui testati erano al 39%. Sono numeri stratosferici, dieci giorni fa stavamo al 22 per cento. Serve un altro periodo di attesa, potremmo indicare lunedì 28 gennaio come giorno di rientro».

Sebastiani conferma che è stato a causa dell’apertura delle scuole a settembre che i contagi sono aumentati.

«Lo dicono i numeri. A 14 giorni dall’inizio dell’anno scolastico la crescita dei contagi era di tipo lineare, con l’apertura siamo arrivati al 3% dei nuovi positivi sui casi testati. Quattordici giorni ancora e l’aumento è diventato esponenziale, simile a quello dei primi di marzo. I contagiati raddoppiavano ogni settimana e così i ricoverati in terapia intensiva. L’unico elemento di novità presente è stata la riapertura delle scuole, con 9 milioni di persone in movimento. Possiamo escludere altre influenze. L’attività lavorativa era già iniziata agli inizi di settembre e nelle prime due settimane i contagi erano bassi».

La colpa, dunque, è delle scuole. Tanto è vero, dice, che dopo appena 12 giorni dai provvedimenti che hanno limitato l’accesso a scuola i dati hanno cominciato a scendere.

Il matematico contesta gli studi scientifici che hanno dimostrato che la scuola contribuisca al contagio come gli altri settori. Li definisce «statisticamente deboli». E conclude:

«Due studi inglesi, commentati su Lancet, arrivano agli stessi risultati con un’indagine a campione sugli studenti, indagine che il nostro ministero non ha mai fatto. È un lavoro dell’Università di Modena e Reggio, realizzato su 36 scuole diverse, spiega che nella fascia di età tra gli 11 e i 18 anni la trasmissione è significativa. La scuola, no, oggi non è attrezzata per ripartire».

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