Il Giornale: “Conte pensa da bullo, risponde da bullo, ma crede di essere un professore”

Il commento di Riccardo Signori. Il tecnico dà sempre la colpa a qualcun altro per gli insuccessi. Mai un “mea culpa”. E' troppo innamorato di se stesso e del SuperIo 

conte

Non sono certo parole al miele quelle che spende Riccardo Signori, su Il Giornale, a proposito del tecnico dell’Inter, Antonio Conte.

Da quando è arrivato ci ha azzeccato soltanto sulle richieste onerose: si trattasse del suo stipendio o dei giocatori da farsi acquistare. E qualcuno “tecnicamente” da maltrattare: ma qui contano anche le colpe del club. Con il mondo Inter non si è mai veramente piaciuto, non c’è stima reciproca. E non perché sia rimasto intimamente juventino. Bensì perché Conte è troppo innamorato di se stesso e del SuperIo“.

Si è fatto pagare profumatamente e adesso cacciarlo è troppo oneroso per la dirigenza del club. Marotta, scrive Signori, lo avrebbe fatto comunque subito, dopo la serata di Champions.

Conte è arrivato a Milano

“come un Messia, aveva garantito di cancellare il tempo della “pazza Inter””.

L’obiettivo è fallito e lui ne ha dato la colpa un po’ a tutti (“arbitri, Var, avversari, ingiustizie, fatalità, sfortuna, malanni, società che non soddisfa negli acquisti”), tranne che a se stesso.

“Nella elencazione mai un “mea culpa”, per dire incapacità di sfruttare al meglio i giocatori, di variare il gioco, di inventarsi quel piano B che Capello ha chiesto di conoscere subendone risposta da bulletto. Eccolo il problema: Conte pensa da bullo, risponde da bullo, ma crede di essere un professore. Se sbaglia lo dice solo a se stesso“.

I sui risultati internazionali sono “da nevrosi”:

“due toppate in Europa League, 5 su 5 in Champions: fuori ai quarti, agli ottavi, due volte terzo nel girone. E quest’anno via da Champions ed Europa League: peggio che mai per l’Inter. Ultimi quando bastava un gol per restare in corsa”.

Ora, conclude Signori,

“non gli resta che piangere e vincere il campionato: non una necessità, un obbligo. Con un finale già scritto: arrivederci a forse mai”.

 

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