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«Vietare i colpi di testa ai bambini». Il baronetto Hurst irrompe nel dibattito inglese sulla demenza

Gli ex calciatori hanno da due a cinque volte più probabilità di morire per malattie degenerative del cervello. E spuntano le prime cause legali

«Vietare i colpi di testa ai bambini». Il baronetto Hurst irrompe nel dibattito inglese sulla demenza
Salvatore Laporta / KontroLab

Ciclicamente torna sulle pagine sportive dei principali giornali inglesi un argomento che altrove è totalmente trascurato: il rapporto strettissimo tra demenza e i traumi alla testa che subisce un calciatore nell’arco della propria vita, dai primi colpi di testa alla scuola calcio fino al professionismo. Una questione oggetto di numerosi studi scientifici che hanno ormai evidenziato che gli ex calciatori hanno da due a cinque volte più probabilità di morire per malattie degenerative del cervello.

In Inghilterra la questione è tornata prepotente dopo la notizia che l’Associazione dei calciatori professionisti sta istituendo una nuova task force per approfondire ulteriormente. Il sindacato si collaborerà con Dawn Astle, figlia dell’ex attaccante del West Brom e dell’Inghilterra Jeff Astle, e con l’ex attaccante del Blackburn Chris Sutton, il cui padre, Mike, soffre di demenza. Il neuropatologo Dr Willie Stewart ha detto che Astle è morto per una condizione cerebrale normalmente legata ai pugili e che è stata causata dai colpi di testa al pallone.

“Istituendo questo gruppo consultivo, speriamo di dare alle persone più colpite una voce forte sul modo in cui il PFA sostiene gli ex giocatori e cerca di proteggere i giocatori attuali”, ha detto il sindacato.

L’introduzione di una task force arriva dopo la denuncia pubblica della famiglia di Nobby Stiles (Campione del Mondo nel 1966): il calcio deve “affrontare lo scandalo” della demenza nel calcio. L’ex centrocampista del Manchester United e dell’Inghilterra è morto a ottobre, all’età di 78 anni, dopo aver sofferto di demenza. Il quinto membro della squadra inglese vincitrice della Coppa del Mondo a cui è stata diagnosticata una malattia cerebrale.

Quattro campioni del mondo del 1966 sono morti soffrendo di demenza: oltre a Stiles, Jack Charlton, Ray Wilson, Martin Peters e l’allenatore Ramsey. Sir Geoff Hurst, che segnò una tripletta nella finale del 66, in un’intervista esclusiva al Telegraph ha chiesto il divieto di colpire di testa per i bambini e anche restrizioni per il calcio professionistico. «Il pericolo è legato a quante volte colpisci di testa il pallone in allenamento. Se tornassi indietro, non colpirei più di testa in allenamento. I cervelli dei bambini non sono sviluppati come quelli degli adulti. Non penso che smettere di colpire di testa possa danneggiare la qualità del calcio di base per i bambini. Potrebbero tranquillamente giocare e divertirsi senza colpi di testa».

Nel Regno Unito è una priorità. La Federazione Scozzese ha vietato di colpire il pallone con la testa fino ai 12 anni compiuti. E la FA, la Federcalcio inglese, è pronta a lanciare nuove linee guida sull’allenamento che indicano di limitare la quantità di colpi di testa da parte dei giocatori under 18.

In tutto questo gli ex giocatori potrebbero intraprendere azioni legali sulla scia di ciò che è già avvenuto nel football americano. Negli Stati Uniti l’azione legale collettiva intrapresa dai giocatori della NFL ha citato in giudizio lo sport per 700 milioni di sterline.

Il team legale che promuove la causa comprende gli specialisti in lesioni personali John Foy QC e James Byrne, oltre all’avvocato sportivo Nick de Marco QC, che ha dichiarato:

“Il contenzioso è ancora nelle sue fasi iniziali. Le storie che emergono ci raccontano un modello di sofferenza silenziosa causata da condizioni di lesioni cerebrali che cambiano la vita e purtroppo spesso fatali, il che sottolinea che si tratta di un grave problema endemico. La scienza che dimostra il legame tra ripetuti colpi alla testa e lesioni cerebrali esiste da molti anni, una domanda chiave a cui i tribunali saranno interessati è se il calcio abbia preso misure tempestive e adeguate per prevenire le lesioni che stiamo vedendo”.

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