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Neymar e Alvaro assolti, il labiale non basta per accusarli di razzismo

L’Equipe: “Caos dopo Psg-Marsiglia indecente. Va colmato un vuoto, ai club va ricordato il loro dovere di rappresentanza”

Neymar e Alvaro assolti, il labiale non basta per accusarli di razzismo

In piena pandemia uno sputo vale 4 giornate di squalifica, ma se nella stessa partita due giocatori si dicono di tutto, soprattutto epiteti razzisti, la giustizia sportiva se la cava con una doppia assoluzione. E così Di Maria resta l’unico a pagare le intemperanze di Psg-Marsiglia del 13 settembre scorso, finita  con ben cinque espulsi e quattordici ammoniti, e con Neymar e Alvaro Gonzalez che proseguivano il diverbio a colpi di “scimmia” e “stronzo”la Commissione disciplinare di Ligue 1 ha deciso di non punire il difensore del Marsiglia e l’attaccante del Psg. Per insufficienza di prove. Nonostante online continuino a girare video su video che mostrano il vicendevole labiale, che evidentemente non ha valore di prova sufficiente. Più il coinvolgimento di Sakai, vittima a sua volta delle offese della stella brasiliana.

L’Equipe oggi dedica alla doppia assoluzione la copertina “Les Innocents” e le prime due pagine interne del giornale. In un fondo Vincent Duluc scrive che il verdetto “assomiglia a un pareggio, a una rinuncia”: “La LFP può essere sospettata di non aver voluto allungare le conseguenze di quella triste domenica cavandosela non squalificando a lungo la stella del campionato”.

Ma il punto è sul principio: “Il comitato disciplinare aveva poca scelta: quando non c’è una buona decisione, ce ne sono troppe cattive. È comprensibile, e anche importante, se le prove erano insufficienti, che i due giocatori non fossero sanzionati per insulti razzisti, di cui Neymar accusava Alvaro Gonzalez e di cui lui stesso era accusato da Sakai. Al di là della necessità di prove indiscutibili, il rischio sarebbe stato troppo alto: di creare una giurisprudenza insostenibile che richiedesse che ogni immagine sia esaminata, partita dopo partita, da esperti di lettura del labiale“.

Insomma: è difficile punire un giocatore per ciò che dice in campo leggendo il labiale, anche per una questione di “uguaglianza tra le parti in causa, un altro principio inalienabile”, che “sarebbe venuta meno di fronte alla differenza nella copertura mediatica”.

“Quello che resta quindi di quella sera è la confusione, il disordine, i comportamenti disastrosi, durante e dopo la partita, in campo e sui social, in un momento della nostra vita in cui questo caos è indecente. Ma c’è un vuoto, che forse andrebbe colmato per non lasciare che gli incendiari sfuggano al fuoco, e per poter ricordare collettivamente ai club il loro dovere di rappresentanza. Se l’unica conseguenza di questo triste spettacolo fosse vedere i giocatori mettersi le mani davanti alla bocca prima di urlare una cosa orribile, avremmo perso tutti”.

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