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Juve-Napoli, parliamo di salute o di tre miseri punti?

La bagarre che si è scatenata nei minuti immediatamente successivi alla decisione dell’ASL Napoli 1 di imporre l’isolamento e impedire la partenza per Torino ai calciatori azzurri è degna di un’opera di André Breton.

Juve-Napoli, parliamo di salute o di tre miseri punti?

La bagarre che si è scatenata nei minuti immediatamente successivi alla decisione dell’ASL Napoli 1 di imporre l’isolamento (e dunque di impedire la partenza per Torino) ai calciatori azzurri venuti a stretto contatto con Zielinski, risultato positivo al Covid, è degna di un’opera di André Breton.

Solo la categoria del surrealismo, infatti, può inquadrare la piega che ha preso la discussione, tra protocolli, cavilli, note e notarelle, come se in ballo non ci fosse un potenziale focolaio di Covid-19, il virus che tiene bloccati i Paesi di tutto il mondo da 8 mesi, che ci ha costretto a misure drastiche come il lockdown, misure senza precedenti e, forse, neanche immaginabili prima di questo atroce 2020.

Capisco l’ansia di portare avanti il campionato da parte della Lega, ma se il Napoli si rivelasse un nuovo Genoa (che in questo momento ha quasi tutta la squadra positiva al virus) e di lì, a cascata, l’infezione si propagasse a tutte le squadre di Serie A, di quale campionato staremmo parlando?

E che dire della Juventus che si è affrettata ad emanare un comunicato nel quale afferma che sarà regolarmente in campo stasera (ma chi glielo ha chiesto?) invece di preoccuparsi non dico della salute degli avversari (troppa grazia), ma almeno dei propri giocatori?

Mettiamo il caso che il Napoli avesse ignorato l’ordine dell’ASL e si fosse recato a Torino e mettiamo il caso che si fosse ripetuto lo schema di Napoli Genoa, con giocatori bianconeri positivi al virus dopo la partita, che giovamento ne trarrebbe la società degli Agnelli? Ma davvero i tre punti valgono più della salute dei giocatori? Anche dei propri?

Mi rifiuto categoricamente di entrare nella discussione su quale sia la norma prevalente, se il protocollo firmato dalle squadre di serie A prevalga o meno sulle ragioni sanitarie addotte dall’ASL. Abbiamo un precedente, Napoli – Genoa. Sappiamo già com’è andata a finire, ovvero con la nascita di due focolai, vogliamo davvero infischiarcene e ripetere lo stesso errore, mettendo a rischio la vita e la carriera dei giocatori? Oppure vogliamo accettare il fatto che quel protocollo che ha consentito al Genoa di venire a giocare a Napoli non funziona, non può funzionare e costituisce un pericolo per tutti?

Cosa non è ancora chiaro ai vertici del calcio italiano delle modalità di trasmissione di questo virus? Davvero per giocare una partita siamo disposti a far mettere in viaggio una trentina di persone che sono state a stretto contatto con due positivi nei giorni scorsi? E davvero siamo disposti a mettere a rischio tutti coloro (autista dell’autobus, pilota dell’aereo, hostess, pilota dell’autobus a Torino, personale dell’albergo, camerieri del ristorante dove mangeranno, etc. etc.) che dovrebbero interagire con questo gruppo nelle prossime ore?

E i giocatori, in tutto questo, che ne pensano? Qualcuno glielo ha chiesto?

Ronaldo, per esempio, che da solo fattura quanto un piccolo stato, è disposto a scendere in campo con il rischio di infettarsi e di mettere a repentaglio la sua salute, quella dei suoi cari e le sue sponsorizzazioni?

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