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Guerra: «Il protocollo va aggiornato man mano che i numeri dell’epidemia cambiano»

Alla Gazzetta: «È il calcio che eventualmente deve proporre la “bolla” modello Nba come soluzione per ridurre i rischi di focolai»

Guerra: «Il protocollo va aggiornato man mano che i numeri dell’epidemia cambiano»

L’aumento del numero di calciatori positivi nel nostro campionato è innegabile e anche prevedibile, secondo Ranieri Guerra. Il vice direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e in Italia è membro del CTS ha spiegato alla Gazzetta dello Sport che i calciatori non fanno eccezione per il virus, anzi sono tra i soggetti più  a rischio, anche se non è ben chiaro come ci si infetta

«Sappiamo che il calcio è uno sport di contatto, dove in campo non si può rispettare il distanziamento. Nel calcio e negli sport professionistici si è provato a mitigare questo rischio con una diagnostica frequente».

I frequenti viaggi, fra nazionali e coppe europee, possono moltiplicare i rischi?

«Il problema è conoscere ciò che succede in tutti gli altri Paesi. Una domanda che ho fatto main effetti non ho trovato una risposta. Sarebbe auspicabile che la Fifa studiasse un protocollo comune. Poi le situazioni sono diverse. Una cosa ora è giocare in Francia con 20mila contagi al giorno e un’altra in Italia con 5mila»

Sulla “bolla” modello Nba anche per il calcio, di cui si parla tanto 

«Il Cts interviene con delle soluzioni di natura sanitaria. È il calcio che eventualmente deve proporla».

Alla domanda specifica sul numero di calciatori positivi in una squadra per cui si rischia un focolaio Guerra risponde che non è il suo lavoro e precisa che è sempre l’autorità sanitaria locale che decide in  materia.

La situazione del virus sta cambiando di nuovo e purtroppo tutto andrà adeguato anche il protocollo del calcio

«Va aggiornato man mano che i numeri cambiano. Penso sia opportuno essere flessibili e applicare le indicazioni che di volta in volta la situazione epidemiologica suggerirà».

Si prospetta un periodo complesso e con numerose quarantene, motivo per cui l’Oms ha proposto al governo di ridurre i tempi della quarantena da 14 a 10 giorni con un test del tampone alla fine di questo tempo.

«Un modo anche per non tenere “quarantenate” 500mila persone nello stesso momento»

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