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Aristoteles: “L’allenatore nel pallone anticipò Calciopoli”

Il Giornale intervista Urs Althaus: “Ho detto no a Beckenbauer per fare il modello, e una volta ho cazziato il mio vicino di casa a Manhattan Pavarotti, perché col suo vocione non mi faceva dormire la notte”

Aristoteles: “L’allenatore nel pallone anticipò Calciopoli”

Aristoteles e basta. Urs Althaus è il nome della sua prima vita quella A.B., avanti-Banfi. Aveva 28 anni quando fu scelto per L’allenatore nel pallone, e la vita cambiò grazie al film cult di Sergio Martino. Ma la vita di Aristoteles è un collage di incredibili aneddoti che lui, a 64 anni suonati, ora li racconta in un libro (“Io, Aristoteles, il Negro Svizzero”) e in un’intervista a Il Giornale.

La sua Longobarda oggi sarebbe “L’Atalanta. Tra i ragazzi guidati da Gasperini si vede che c’è un grande spirito di gruppo”. Ma soprattutto per lui “il film è stato profetico, anticipando il fenomeno di Calciopoli e denunciando un certo tipo di arretratezza culturale che ancora caratterizza alcuni ambienti calcistici”.

Althaus racconta dell’attenzione al tema razzismo, anche allora, in pieni anni 80.

“Una ferita sempre aperta. In tutti gli ambienti professionali che ho frequentato: calcio, cinema, spettacolo, moda. Lino teneva moltissimo alla scena dove gli confidavo di essere emarginato per il colore della pelle. Prima del ciak si raccomandò… Le sue parole furono: ‘Questa scena ha un valore educativo fondamentale. Va interpretata con sentimento’.

Attore modello, amico di celebrità internazionali. Ma lui, almeno in Italia, firma gli autografi sempre come Aristoteles:

“Durante il provino Lino mi disse che avevano bisogno di un palleggi(attore). Cominciai ad accarezzare il pallone con destro e sinistro, e subito mi ingaggiò. Sono cittadino svizzero, ma l’Italia è nel mio cuore. Di recente qui mi ha fermato la polizia: temevo una multa, invece gli agenti volevano farmi i complimenti e stringermi la mano”.

Nel 1973, quando giocava in Svizzera, lo scambiarono per Teofilo Cubillas.

“Quando entrai allo stadio ci fu una standing ovation. E il giorno dopo, in tutte le edicole, c’era la mia foto con scritto “benvenuto”. Incredibile, ma vero. Potevo giocare nei Cosmos, me lo propose il mio amico Franz Beckenbauer, ma preferii continuare a fare il fotomodello. Una volta ero con Susan Sarandon. Ero sottobraccio a lei. Ma al momento della foto, i fotografi mi dissero che era meglio se mi fossi allontanato. Ci rimasi male. Negli hotel di lusso i camerieri rimanevano perplessi quando uno come me ordinava champagne…”.

Ve lo immaginate Aristoteles che cazzia Pavarotti perché fa troppo casino quando canta? Ecco:

“A Manhattan era il mio vicino di casa, ma non lo conoscevo. Io avevo un cane con il vizio di abbaiare troppo. Una mattina venne a protestare e io gli dissi che anche lui, col suo vocione, non mi faceva dormire la notte. Quando capii chi avevo di fronte, scoppiai a ridere. Da allora diventammo amici”.

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