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«Ogni volta che Sordi vinceva un premio era triste. Diceva di essere assalito dal senso di colpa»

Il legale degli artisti al CorSera. «Non era tirchio. Era oculato. Cosa ben diversa. Il necrologio di Morricone? Lo aveva preparato un anno fa. Che incubo le telefonate di Cossiga all’alba»

«Ogni volta che Sordi vinceva un premio era triste. Diceva di essere assalito dal senso di colpa»

Il Corriere della Sera intervista Giorgio Assumma, avvocato di tanti artisti. Tra cui anche Ennio Morricone. Del necrologio composto dal maestro dice:

«Quel testo era già stato preparato da Ennio Morricone un anno fa. Lo aveva chiuso in una busta e affidato alla amatissima moglie Maria. Io non ho fatto altro che riceverlo dalle sue mani e consegnarlo ai giornalisti che sostavano sotto casa sua… Preparava da tempo la sua morte. Normale, per l’età che aveva. Lo faccio anch’io. Quell’autonecrologio che ha commosso i suoi fan in Italia e nel mondo era frutto di una lunga riflessione. “Io Ennio Morricone sono morto”…».

Tra i suoi assistiti c’è stato anche Alberto Sordi. Racconta che non è vero che era tirchio,

«Era oculato. Cosa ben diversa».

E ricorda la tristezza di Albertone ogni volta che riceveva un premio.

«Consegna delle Grolle d’oro al Casinò di Saint Vincent. Sordi vince, applausi. Poi lui mi chiede di fare due passi fuori, con l’aria tristissima. Gli chiedo perché. E lui: “Vedi, Giorgio, a ogni premio vengo assalito da un senso di colpa e penso subito a tanti miei colleghi che da ragazzi hanno cominciato con me e poi non ce l’hanno fatta. Non riesco a non pensarci”. Ecco il vero Sordi».

Assumma definisce Maurizio Costanzo

«Un grande psicologo. Gli basta un’occhiata per capire una persona».

Mentre Francesco De Gregori è

«Un filosofo, prima che cantautore. Coltissimo, cerca sempre ciò che c’è dietro a un avvenimento. Ho l’impressione che la fama per lui sia a tratti fastidiosa: non si compiace della sua notorietà».

E confessa qual è stato, per anni, il suo incubo di legale.

«Le telefonate all’alba di Francesco Cossiga. Sapeva che ero molto mattiniero, chiamava prima delle 6. Quando fui eletto presidente della Siae verso le 5.30: “Ricordati che c’è un solo presidente, sono io”. E mise giù».

 

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