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L’ex Udinese (e Napoli) Pineda racconta il “biscotto” che il 5 maggio regalò lo scudetto alla Juventus

Il “dimenticato” laterale sinistro del Napoli di Corbelli ricorda a La Nacion: “contro la Juve non giocai, feci finta di stare male. L’Inter perse contro la Lazio”

L’ex Udinese (e Napoli) Pineda racconta il “biscotto” che il 5 maggio regalò lo scudetto alla Juventus

Mauricio Hector Pineda qualcuno se lo ricorderà. Un anno nel Napoli del 2000 che poi retrocederà, facendo di tutto per farsi dimenticare: 22 partite senza un gol né un assist: compare nei tabellini giusto per un paio di ammonizioni contro Brescia e Reggina. Eppure ha vinto una medaglia d’argento con l’Argentina alle Olimpiadi di Atlanta 1996, ha segnato un gol al Mondiale 1998, contro la Croazia, e vanta addirittura un gol “subito” da Ronaldo, l’originale, il Fenomeno: ai tempi dell’Udinese, in una partita contro l’Inter a San Siro, il portiere Turci si fa espellere, cambi finiti, in porta ci va lui, Pineda. Calcio di punizione dal limite, tira Ronaldo, Pineda si tuffa ma non c’arriva.

Oggi Mauricio Pineda sussurra ai cavalli. S’è ritirato a 29 anni, è andato a vivere in campagna, il sogno di Toto Cutugno. Una vita nella natura, a Santo Tomé, che conta 25.000 abitanti. A pochi metri dal fiume Uruguay, al confine con il Brasile. Lo ha intervistato La Nacion.

“Io e mia moglie volevamo crescere i bambini con uno sviluppo sociale come quello che avevo avuto io: giocare sul marciapiede, andare in bicicletta, camminare per la strada con tranquillità. A Buenos Aires sarebbe stato impossibile. Viviamo con la porta aperta. Quando mi sono sposato, mio ​​suocero lo ho incontrato direttamente al matrimonio. È lui che mi ha convinto a investire nella campagna. Per fortuna l’ho ascoltato. Da quel momento, la mia vita sono le mucche e i campi. Per più di 10 anni mi sono dedicato al bestiame. Oggi ho venduto tutte le mucche e sono passato ad altro: i pini in questa zona producono molto. Onestamente, questa è una vita che mi riempie. Vedo come i miei figli crescono in pace. Non ci sono cinema, non ci sono lussi, non c’è shopping. Ma siamo felici. Due volte alla settimana, alle 20:30, vado a giocare a calcio con i ragazzi e poi facciamo un barbecue. I miei figli vanno a tennis, danza o lezioni di inglese e facciamo tutto in modo semplice”.

Pineda ha raccontato casi di corruzione nel calcio italiano.

“Ora mi chiedono perché ne ho parlato dopo 20 anni, ma non capisco quale sia la sorpresa. Nessuno mi ha mai chiesto niente, oltre al fatto che sono scomparso dall’ambiente. La Juventus, che è un gigante, è retrocessa. Luciano Moggi, che era l’amministratore delegato, era un dio del calcio. Ma fu sanzionato e non è più tornato a fare il manager. Molte persone sono cadute, eh. Nel 2002, l’Udinese, che era già salva doveva giocare l’ultima partita contro la Juve, che aveva bisogno di vincere per forza. L’Inter di Cúper perse a Roma contro la Lazio (il famoso 5 maggio, ndr). La Juventus vinse con l’Udinese 2-0 e divenne campione. Io avevo giocato ogni partita e quella volta non giocai. Non volevo fare “biscotti”. Qualche giorno prima, dissi che mi tirava un muscolo e non giocai. Sono sempre stato molto chiaro. E se me lo avessero chiesto prima, lo avrei detto senza problemi. È venuto tutto alla luce. È tutto provato”.

Pineda parla della sua vita da calciatore in Italia, anche al Napoli.

“Oggi non avrei potuto essere un calciatore professionista. Fino all’età di 18 anni non avevo mai bevuto una goccia di alcol. Ma poi ho iniziato a uscire… Era logico che mi piacesse. Non mi pento di niente. In Italia ero single e ho fatto la vita che volevo. Potevo uscire, andare a ballare, sia a Udine che a Napoli e a Cagliari. Città con una sola squadra. Eravamo famosi, allora. E su 20 giocatori della rosa c’erano forse 10 sposati e 10 single. Di quelli, eravamo in quattro o cinque di noi che uscivamo. Sono scelte di vita, anche se ovviamente fisicamente la paghi. Non ero Riquelme, conoscevo i miei limiti e li nascondevo nel miglior modo possibile. La mia condizione fisica era la chiave”.

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