ilNapolista

Il Napoli di Gattuso è troppo prevedibile in attacco

Non si vedono segnali di miglioramento. È la condanna del calcio sistemico: tutti gli aspetti tattici devono essere pressoché perfetti perché la squadra renda

Il Napoli di Gattuso è troppo prevedibile in attacco
foto Hermann

Il gol ha cambiato tutto

La sfida di ieri sera è stata molto diversa rispetto agli incroci precedenti tra Inter e Napoli, soprattutto quelli di Coppa Italia. Per una ragione semplice: il gol iniziale ha permesso alla formazione di Conte di giocare la partita che avrebbe voluto. O per meglio dire: la partita che mette in difficoltà il Napoli di Gattuso. Chi ha seguito la gara di ieri avrà vissuto una sensazione di straniamento: non era il Napoli a difendersi tutto dietro la linea della palla, piuttosto l’Inter; non erano gli uomini di Conte a gestire il possesso palla in modo ragionato, piuttosto quelli di Gattuso. In un contesto del genere, era inevitabile che si manifestasse il grande difetto degli azzurri: l’incapacità di convertire in gol la (grande) mole di gioco costruita nell’arco della gara. Ma andiamo per gradi, partiamo da un frame piuttosto indicativo:

Un approccio a basso ritmo del Napoli

Nelle interviste postpartita, Gattuso ha parlato di un Napoli che «non gioca col coltello tra i denti» e che «nei primi dodici minuti non è entrato in campo». Tutto giusto e tutto percettibile, considerando anche i tentativi di alzare il pressing che abbiamo visto nelle ultime partite. Al tempo stesso, però, il tecnico calabrese sa benissimo che questo tipo di atteggiamento è quello che mette maggiormente in difficoltà l’Inter di Conte – come si è visto, del resto, anche nelle gare di Coppa Italia.

Il Napoli, semplicemente, non andava ad attaccare la prima costruzione da dietro dei difensori nerazzurri. Lasciava che i centrali si scambiassero la palla tra di loro in modo innocuo. L’aggressione e l’aggressività difensiva scattavano in momenti precisi: quando uno dei tre difensori nerazzurri decideva di assecondare il movimento di un compagno, allargando sull’esterno o cercando la verticalizzazione. A quel punto, i giocatori di Gattuso venivano ad accorciare il proprio campo difensivo.

Poi, come detto, è arrivato il gol di D’Ambrosio. Un’azione che è nata e si è sviluppata in modo casuale, dopo un errore di presunzione di Mario Rui. Il terzino portoghese ha perso il possesso, Koulibaly è dovuto uscire a coprire lo spazio lasciato sguarnito e attaccato da Candreva, la palla è arrivata dall’altra parte del campo e a quel punto Biraghi ha imbroccato il cross giusto a centro area. Al momento del gol di D’Ambrosio, la percentuale del possesso palla era a favore dell’Inter (55%). A fine gara, lo stesso dato dice: Napoli 59%, Inter 41%. Basterebbe questo dato per capire com’è andata davvero la partita di San Siro.

Un buon Napoli (fino a un certo punto del campo)

Oltre i dati del possesso palla, ci sono altre evidenze statistiche da considerare: sotto vediamo la grafica con il baricentro delle due squadre in fase di gioco attiva e passiva, in cui è palese come l’atteggiamento dell’Inter sia stato attendista, per non dire speculativo; poi ci sono le cifre offensive, per cui il Napoli ha tentato 18 volte la conclusione e l’Inter si è fermata a 8 tentativi; i giocatori di Gattuso hanno tentato più dribbling (15 a 10) e hanno vinto più contrasti aerei (10-5) rispetto ai loro avversari. Insomma, gli azzurri hanno gestito la partita, e l’hanno fatto pure bene. Solo che però il duello tattico è stato (nettamente) vinto da Conte, perché la gara e il punteggio sono stati determinati dalla volontà dell’Inter, dal contesto creato dal gol – ne abbiamo parlato sopra – e dalle caratteristiche della squadra nerazzurra.

Numeri significativi

Ci sono altri dati che sostengono la validità di questa tesi: quelli sulla reale pericolosità offensiva dei giocatori del Napoli. Che, per dire, hanno tirato solo per 2 volte centrando la porta di Handanovic contro i 6 tentativi nello specchio dell’Inter (su 8 conclusioni); che, sempre per dire, si sono visti respingere per 8 volte la conclusione da un avversario e hanno tentato per 28 volte il cross dall’esterno contro una difesa a tre formata da De Vrij, Bastoni e D’Ambrosio. Non a caso, a fine partita, il dato sui palloni spazzati via in area di rigore dice 21-5 in favore della squadra di Conte.

Insomma, il gioco e l’atteggiamento dell’Inter hanno depotenziato il Napoli. La partita di San Siro non si è sviluppata in maniera non molto differente da quelle contro Parma e Udinese, in cui la squadra di Gattuso ha sbattuto continuamente contro un muro difensivo e la propria incapacità di abbatterlo. Dal punto di vista della disposizione in campo, all’Inter è bastato chiudere gli spazi al centro e costringere i giocatori del Napoli a muovere il pallone sull’esterno. Oltre quello relativo al numero abnorme di cross – di cui abbiamo già detto sopra – c’è un altro dato che certifica questa dinamica: il 75% delle azioni della squadra di Gattuso è stato orchestrato sulle corsie laterali. Stavolta è mancata la (solita) predilezione per quella sinistra, anzi la catena Hysaj-Elmas-Politano è stata utilizzata leggermente di più, al 38%, ma la sostanza non cambia.

Il Napoli costruisce l’azione con Politano e Hysaj a destra, ma dietro la linea della palla ci sono sei giocatori dell’Inter a presidiare gli spazi, più Brozovic pronto a chiudere. In area c’è solo Milik. Politano non ha scelta, e infatti appoggia dietro a Zielinski che forza il tiro da fuori. Conclusione potente e precisa ma prevedibile, parata di Handanovic.

Anche lo stesso Gattuso, nel postpartita, ha riconosciuto che il problema del Napoli sta nella prevedibilità della manovra offensiva. O meglio: nella prevedibilità del gioco da un certo punto del campo in poi. Ieri sera, non a caso, il più pungolato – anzi: criticato – dal tecnico calabrese è stato Arek Milik: in una gara in cui l’Inter lascia il possesso palla e quindi deve concedere necessariamente l’esterno, un centravanti non può limitarsi a un duello aereo vinto e a una sola conclusione in porta. Tra l’altro questi due eventi sono pure coincidenti, cioè sono avvenuti nella stessa azione, al 69esimo minuto. Milik è un attaccante associativo, che ama retrocedere in campo per legare i reparti e giocare il pallone. In una gara del genere è stato sicuramente penalizzato, ma deve anche cercare di andare oltre le proprie caratteristiche.

Le uniche occasioni in cui il Napoli è risultato davvero pericoloso sono nate da manovre non lineari, per non dire episodiche: il tiro da fuori di Zielinski deviato da Insigne; lo slalom di Elmas nell’area di rigore dell’Inter; un’altra conclusione del macedone da fuori area; e poi, soprattutto, un passaggio verticale in area arrivato sui piedi di Insigne grazie a un velo di Hysaj, che occupava una posizione a dir poco insolita per lui.

Il tiro sbagliato dal capitano del Napoli a tu per tu con Handanovic, viziato tra l’altro anche da una deviazione di Candreva, va considerato come una possibile variabile del gioco. Il punto è proprio questo: contro l’Inter, così come in altre partite di questo lockdown, le azioni costruite dal Napoli hanno fatto fatica ad andare oltre un certo spartito. Le occasioni realmente pericolose create dagli azzurri sono pochissime. E quindi certi errori finiscono per avere un peso maggiore. Esattamente come avviene dall’altra parte del campo.

Il gol di Lautaro che ha chiuso la partita.

Abbiamo detto che la rete in apertura di D’Ambrosio nasce da un errore di superficialità di Mario Rui. Volendo, anche quella di Lautaro Martínez al 71esimo arriva dopo una pessima lettura e uno scivolone di Demme, e inoltre il tiro dell’attaccante argentino non viene contenuto proprio al meglio da Meret. Al netto delle imprecisioni del Napoli, si tratta però di due azioni diverse. La prima è totalmente fortuita, la seconda invece nasce dal contesto: all’Inter bastano un lancio in verticale e un buon controllo tra le linee per cogliere impreparata la difesa di Gattuso. Il Napoli è sbilanciato alla ricerca del pareggio, ha portato sei uomini di movimento nella metà campo avversaria; alla squadra di Conte, invece, ne servono solo due che fanno i movimenti giusti perché si apra lo specchio della porta.

Poi, ripetiamo: Meret ha delle colpe, così come Demme prima di lui. Ma è chiaro pure che certi errori sono agevolati dalla mancanza di equilibrio, un problema che si evidenzia soprattutto quando c’è l’urgenza di fare gol. E fare gol, nel calcio, può essere una cosa che non coincide con il dominio del gioco, con la vittoria tattica. O comunque si tratta di un evento che può essere completamente avulso rispetto all’andamento di una gara.

Conclusioni

Al netto delle scarse motivazioni e del contesto borderline, Inter-Napoli è una partita che può essere significativa nel racconto tattico della squadra di Gattuso. Per un motivo semplice: non si vedono segnali di miglioramento rispetto alle criticità emerse nelle ultime settimane. Il Napoli è una squadra che soffre un’evidente carenza di idee offensive, soprattutto quando deve agire in un contesto sfavorevole. Ieri sera questa condizione si è manifestata con un gol in apertura, e poi l’Inter ha giocatori di valore e un sistema efficace e ormai mandato a memoria, tutte cose che inducono più facilmente gli avversari a sbagliare.

Ma in tante altre gare il Napoli partirà già in salita. La squadra di Gattuso affronterà avversari che hanno minore qualità, che quindi si chiuderanno in difesa, si arroccheranno a protezione della propria area di rigore. Magari questo non succederà a Barcellona, ma il futuro di questa squadra, la validità del suo progetto, passa dal miglioramento della fase offensiva. È la condanna del calcio sistemico: tutti gli aspetti tattici devono essere pressoché perfetti perché la squadra renda.

Non è un caso che lo stesso Gattuso, ieri sera, abbia spiegato così le difficoltà in attacco: «Ci mangiamo i gol perché gli attaccanti pensano a difendere». Questa, però, è stata la sua scelta fin dall’arrivo al Napoli. Ora, in vista della gara di Barcellona e del suo futuro azzurro, deve riuscire a capire come rendere efficace la fase offensiva. L’unica strada possibile perché il Napoli torni a essere una squadra equilibrata.

ilnapolista © riproduzione riservata