ilNapolista

Il Guardian celebra Martina Navratilova la coraggiosa che non ha mai rinunciato alle sue battaglie

Nel 1981 fece coming out quando il mondo associava i gay all’Aids. Criticò il governo degli Stati Uniti e i media la etichettarono come “non patriottica”. Ma lei ha battuto tutti, sul campo da tennis e fuori

Il Guardian celebra Martina Navratilova la coraggiosa che non ha mai rinunciato alle sue battaglie

Martina Navratilova “copriva la rete con l’apparente apertura alare di un Boeing 737” e saltava “come una stella che esplode”. Ma non è questo il punto del paginone che le dedica oggi il Guardian. Non il suo famigerato serve-and-volley. Né i suoi record. Né le sue grandi avversarie: da Evert a Graf fino a Seles, attraversando tre generazioni di campionesse. No. Il punto – rilevante in questo momento in cui lo sport è chiamato a prendere posizioni sempre più forti nella politica e nella società – è che Martina Navratilova è stata “coraggiosa”. Il simbolo di chi non si nasconde, anche se il mondo attorno a te te lo chiede o quasi te lo impone. Una che lotta, e diventa una causa in persona.

Quando Navratilova ottenne il suo ottavo titolo a Wimbledon, contro la diciottenne Graf che l’aveva sconfitta al Roland Garros, avrebbe dovuto annunciare la fine del suo regno. Mentre aspettavano la premiazione, Graf scherzò:

“Quanti altri Wimbledon vuoi?”
“Nove è il mio numero fortunato”.

Ecco, Navratilova ottiene sempre quello vuole. Ed è diventata quella che era destinata ad essere dal momento in cui portò Evert al terzo set nell’Open di Francia del 1975, o forse l’anno più tardi, quando lasciò la famiglia – lei boema – per diventare a soli 18 anni un’immigrata adolescente con l’accento dell’Europa orientale in un paese a cui non importava niente degli stranieri, quegli USA che ha promesso di servire e amare. O quella che ha dimostrato di essere nel 1984 con la sua striscia vincente di 74 partite: la più lunga della storia del tennis.

Ma – scrive il Guardian – l’importanza di Navratilova non sta nei 167 titoli in singolare e nei 177 in doppio. “La grandezza della sua carriera non può essere semplicemente espressa dalla sua longevità, anche se ha battuto la diciannovenne numero 1 al mondo Monica Seles agli Open di Parigi quando aveva quasi il doppio della sua età, o ha sollevato il trofeo del doppio misto degli US Open a 50 anni e il suo partner, Bob Bryan, sembrava un nipote che era passato ad aiutarla a installare il suo computer“.

“Navratilova possedeva un potere che ribaltava tutto; attraversò un mondo che non era pronto e non sapeva come chiamarla. La riconosciamo ora come identità – un’autenticità di sé che il nostro zeitgeist incoraggia e premia. Ma per la maggior parte della carriera lunga 31 anni, la sua individualità – quella che l’ha ispirata a valorizzare la forza fisica e apparire più muscolosa di quanto una donna avrebbe dovuto, o a vivere apertamente con una compagna e a parlare di ciò in cui credeva – ha avuto un costo personale. È facile dimenticare le sponsorizzazioni che ha perso, il sospetto e la diffamazione che ha attirato per essere se stessa. Specialmente ora che è un mito internazionale, un cameo ricorrente in tv, e persino l’amante di Gwyneth Paltrow in una commedia di Netflix. Quando nel 1981 fece coming out il mondo associava i gay con l’Aids e lei restò a suo agio nel pieno dell’omofobia. Quando ha criticato il governo degli Stati Uniti, lo fatto anche mettendosi contro una enorme base di tifosi che voleva eroi all-american, alcuni media la etichettarono come “non patriottica”.

C’è voluto del tempo perché la cultura occidentale si mettesse al passo con la non conformità di Navratilova. La sua resistenza e la sua immortale passione per il gioco del tennis arricchirono la sua eredità, perché più a lungo continuava, più le persone erano in grado di apprezzarla e comprenderla: l’umorismo e il calore divennero il cuore morbido di una personalità che una volta scambiavano per serietà”.

Ma la definizione migliore, oggi così attuale, la dà la sua avversaria e concittadina ceca Mandlikova: “Era una coraggiosa“. La qualità – conclude il Guardian – che ha reso Navratilova “leader del suo tempo e nel nostro”.

ilnapolista © riproduzione riservata