ilNapolista

Fonseca sta ricevendo lo stesso trattamento di Benitez e Luis Enrique, che toccherà pure a Rangnick

L’allenatore dalla mentalità internazionale è sempre preso di mira dalla critica. È successo persino ad Ancelotti. Ed è già cominciato il nuovo tiro al bersaglio

Fonseca sta ricevendo lo stesso trattamento di Benitez e Luis Enrique, che toccherà pure a Rangnick

L’atteggiamento è quello giusto, torneremo a vincere” aveva detto fiduciosamente Paulo Fonseca, dopo la sconfitta col Napoli. L’allenatore ha voluto sottolineare le evoluzioni positive, i segnali di ripresa ricevuti dalla squadra dopo il brutto passo falso precedente con l’Udinese. Eppure, nonostante effettivamente qualcosa di meglio si sia visto, è stato preso di mira dalla critica come unico responsabile. Per un verso sarebbe stato strano il contrario, dopo tre sconfitte consecutive che mettono a rischio l’Europa League e un cambiamento tattico che non ha prodotto i dividendi sperati. È naturale al tempo stesso che le colpe di un momento simile non siano tutte sue.

Ma c’è un altro aspetto da evidenziare, cioè l’avversione dei media nei confronti dell’allenatore dalla mentalità internazionale, spesso straniero. Un allenatore che nei confronti del calcio un approccio professionale, analitico, ma anche umano nelle relazioni sociali. Un metodo che ben si addice al mondo del lavoro, senza infondere tutto il lato passionale più tipico della gradinata.

Napoli, una città che la passione calcistica avvicina molto a Roma, sa bene di che stiamo parlando. I successi ottenuti (più altrove che qui) da Benitez e Ancelotti non sono bastati ad evitare loro giudizi devastanti a tutto campo, senza magari cogliere gli aspetti costruttivi di una critica anche dura ma dai toni equilibrati. Così come per Luis Enrique messo in croce a Roma e poi vincitore del triplete a Barcellona. Errori sono stati commessi, anche perché i risultati in campo non sono sempre stati entusiasmanti ma le bocciature sono state estreme, spesso con argomenti ben lontani dal calcio.  Un modo di fare che ha abbassato il livello dei vari pareri, ridotti a espressioni da bar sport.

Anche a Milano, dove l’intensità del tifo è analoga, il forestiero non gode di buona considerazione. Altro che nessun profeta in patria: è il contrario. Benitez e De Boer furono canzonati durante la loro esperienza con l’Inter e parte dell’ambiente Milan già non sembra pronto ad accogliere Ralf Rangnick, individuato dalla proprietà americana come il deus ex machina, il demiurgo che dovrà rimodellare la rosa, l’area tecnica e la mentalità nello sviluppo del club. Franco Ordine,  su Il Giornale, gli ha già fatto capire il trattamento che gli sarà riservato:

Il merito maggiore di Pioli è in assoluto quello di non lasciarsi rosolare dalle continue rivelazioni giornalistiche sul futuro rossonero. L’ultimissima racconta di Ralf Rangnick candidato scontato alla sua panchina scortato nel viaggio a Milanello da Markus Schopp che giocò nel Brescia dal 2001 al 2005 perché parla italiano e ha lavorato a Salisburgo con Red Bull.

Come se la colpa di Rangnick fosse quella di non saper parlare l’italiano e di aver bisogno di un interprete. E non è ancora arrivato a Milano, figuriamoci cosa accadrà dal giorno in cui il suo arrivo sarà ufficiale.

ilnapolista © riproduzione riservata