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Sul Guardian il Campo 87, la fossa comune dove i milanesi cercano i parenti morti di Covid

Il giornale inglese racconta il dramma delle famiglie che hanno visto sparire i propri cari, sepolti per errore. Una legge impedisce loro di riesumarli

Sul Guardian il Campo 87, la fossa comune dove i milanesi cercano i parenti morti di Covid

C’è un posto, all’interno del Cimitero Maggiore di Milano, che si chiama Campo 87. Ci sono sepolte 128 persone morte di Covid-19 tra ospedali sopraffatti dall’emergenza sanitaria e case di riposo. Alcune sono morte in casa, da sole. Nessuno ha reclamato i loro corpi. Il Campo 87 è una fossa comune, solo più ordinata e “accettabile”.

Mentre l’Italia ha saltato almeno un paio di fasi, ha dimenticato le famigerate “tre t” che dovevano portare il Paese fuori dal disastro in sicurezza, mentre il campionato di calcio è pronto a ripartire – e a riaprire gli stadi alla folla, a breve – mentre la Lombardia continua ad avere numeri da focolaio senza che a nessuno interessi granché, a Milano ci sono famiglie che cercano i corpi dei propri cari, finiti per errore nel Campo 87. Non tutti erano soli. Ci ha pensato la burocrazia, e il caos, a tradirli un’ultima volta.

Questa storia, di cui andrebbe fatto un manifesto per tenere viva la memoria di quelli che hanno già dimenticato tutto mentre ancora la pandemia miete vittime in giro per il mondo, viene raccontata dal Guardian.

I parenti di queste vittime invisibili ora affrontano una indegna battaglia di carte bollate per recuperare i corpi, perché una legge impedisce di riesumare i resti di persone che muoiono per una malattia infettiva, almeno per due anni.

Hanno nomi, e vite finite in solitudine, persino oltre la morte. Vittorio Domeniconi aveva 90 anni, ex poliziotto e autista di autobus. E’ stato tra le prime vittime di Covid-19 a Milano, è morto in ospedale il 5 marzo. La sua famiglia avrebbe avuto 30 giorni per reclamarne il corpo. Ma il 13 marzo il sindaco Sala ha introdotto una misura che riduceva il tempo a cinque giorni, perché i morti erano troppi, gli obitori sovraccarichi, bisognava “smaltirli” in fretta.

La moglie e i due figli di Domeniconi furono informati della sua morte e avevano lasciato i dettagli di contatto all’obitorio dell’ospedale. Tutti e tre si sono ammalati di coronavirus. Il 20 marzo, quando hanno chiamato l’obitorio di Milano per prendere accordi per la sua cremazione, hanno scoperto che stava per essere sepolto in Campo 87. E che non si poteva più tornare indietro: il meccanismo burocratico in Italia calpesta tutto, anche la logica e la pietà. “Hanno chiamato diversi uffici pubblici per cercare di fermarli – dice il loro avvocato, Walter Marini – ma gli è stato risposto che non era possibile, ormai il processo era già in stato avanzato”.

“Durante l’emergenza è stato tutto molto intenso e caotico, e certamente sono stati commessi errori”, dice Marini. “Ma ora che la situazione è migliorata, le famiglie dovrebbero poter di recuperare i corpi e dare ai loro cari un vero funerale”.

Gianni Fossati, un noto uomo d’affari milanese, è morto in ospedale il 24 marzo, ora è sepolto al Campo 87.  Ha lasciato una moglie che al momento della sua morte si stava riprendendo dal virus nello stesso ospedale. “Gli ospedali hanno cercato di rintracciare i parenti, ma forse il personale non ha avuto il tempo di effettuare 100 chiamate”, dice ora Roberta Cocco, consigliere comunale di Milano per i servizi civili.

In pratica, per fare presto, una leggina ha impedito a molti milanesi – malati di Covid a loro volta – di reclamare i corpi dei propri cari, ricoverati e morti nella solitudine delle terapie intensive sovraffollate.

Milano e la Lombardia sono state e sono il focolaio della pandemia italiana: contano quasi la metà dei 33.964 decessi di Covid-19 in Italia, e oltre 90.000 infezioni.

 

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