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Marotta fa i conti con la realtà: «La Serie A è un’industria che non può decidere per sé»

Prende atto dello «schiaffo morale» di Gravina, attacca Dal Pino: “i club sono imprese, la governance non funziona. Dovremmo essere indipendenti come la Premier”

Marotta fa i conti con la realtà: «La Serie A è un’industria che non può decidere per sé»

“La Serie A dovrebbe avere una sua autonomia, come la Premier League in Inghilterra”. Ma non ce l’ha, e i tre voti contrari espressi in Consiglio Federale contro “piano b” (playoff e playout) e “piano c” (il famigerato algoritmo) in caso di sospensione del campionato sono “uno schiaffo morale”. Non l’ha presa bene Giuseppe Marotta, ad dell’Inter e rappresentante della Lega di Serie A in Consiglio. Quella dell’Inter è una battaglia nella battaglia: il presidente Zhang è stato tra i primi ad attaccare Dal Pino, un manager vero al comando della Lega; e nel frattempo la Federcalcio ha portato a casa una vittoria di posizione bocciando con una maggioranza di 15 voti la proposta della Serie A che prevedeva il blocco delle retrocessioni e la mancata assegnazione del titolo al posto in caso di ennesimo stop delle competizioni.

“C’è una situazione a mio giudizio abbastanza anomala – dice Marotta al Corriere della Sera e in un’intervista a SkySiamo stati un po’ messi dietro la lavagna, abbiamo preso uno schiaffo morale, perdendo la nostra rivendicazione. Tre voti contrari alla delibera con 18 a favore: questo depone per uno scenario nel calcio che ha bisogno di una rivisitazione all’interno per una governance che oggi non rispecchia quello che il peso specifico della Serie A. Posso criticare il sistema di governo del calcio italiano che è ancorato ad una volontà decisionale che spetta a tante componenti e quindi è giusto a mio giudizio che la Serie A abbia una sua autonomia, come avviene in Inghilterra con la Premier League”.

Il problema quindi, per l’Inter, è Dal Pino, prima di tutto. Che ha liquidato frettolosamente tutte le rimostranze dell’Inter finora, non ultima quella sulla calendarizzazione della Coppa Italia. L’argomentazione, ora, è che se vale il mantra “il calcio è un’industria” a maggiore ragione la serie A diventa “un fenomeno imprenditoriale”, per Marotta: “ha un fatturato di 2,5 miliardi e come tale va governato. Non si può fare un consiglio federale dove su 21 voti ne hai solo 3: così non puoi incidere. Zhang ci aveva visto lungo. Questo sistema non funziona. Oggi quel che non funziona non sono gli uomini, è la governance. Abbiamo toccato il fondo. Le società devono essere più coinvolte e attive, come accade con Uefa e Eca. Oggi abbiamo tante componenti (calciatori, allenatori, arbitri), meritano rispetto, ma onestamente poco hanno a che fare con un’attività imprenditoriale”.

Ci risiamo dunque, non è il calcio ad essere un’industria, ma sono le società ad essere imprese. “Bisogna rifarsi alla Premier League: autonomia gestionale e regolamentare. Lì c’è un organismo, il Professional Game Board, con un rapporto continuo tra calcio professionistico e federazione”.

Fosse per lui, per Marotta, la Serie A avrebbe chiuso la stagione. Ma non si può. Si sono sacrificati per l’indotto: “Non abbiamo voluto riprendere, ma dovuto. Bisognava essere logici. Il calcio, come dicevo, è un’impresa”.

Marotta al CorSera insinua anche qualche dubbio di regolarità, di fari play, giusto perché la ripresa è alle porte, e da qualche parte bisogna pur ricominciare come prima: “Capisco la laboriosità con cui il governo è arrivato a una decisione nel rispetto della salute. La quarantena così rigida è l’unica criticità per arrivare all’obiettivo finale. La base di tutto però è la lealtà, spero che i dirigenti rispettino il concetto e nessuno nasconda nulla. Poi certo le 5 sostituzioni avvantaggiano la squadra con la panchina più forte…”.

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