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Il razzismo sui media sportivi italiani non esiste, in Inghilterra è la prima notizia da giorni

Da noi dell’intervista di Dybala sul razzismo ha fatto notizia la mezza frase sul contratto. Sui media inglesi si discute da giorni dello scarso numero di neri ai vertici dello sport

Il razzismo sui media sportivi italiani non esiste, in Inghilterra è la prima notizia da giorni

Paulo Dybala ha parlato di razzismo in un’intervista alla CNN. Ha detto – con tutte le cautele del caso – che Bonucci e Allegri sbagliarono a gestire il caso Kean, a Cagliari. Usarono parole inappropriate. La Cnn ha titolato sul razzismo. In Italia i titoli relativa a quell’intervista sono stati tutti sul rinnovo del contratto, qualcuno in traduzione allegra su quanto Sarri fosse stato importante per farlo restare alla Juventus.

Nel frattempo in Inghilterra l’attaccante del Manchester City Raheem Sterling s’è preso le prime pagine dei giornali sportivi per un paio di giorni, proponendo una sorta di “quote nere” per gli allenatori. Gli ha risposto il ct della nazionale Gareth Southgate, dandogli ragione.

Con po’ di fatica, sui quotidiani sportivi italiani una breve sul Black Lives Matter pure si trova. Ma l’abisso di ricettività del tema razzismo tra i media italiani e quelli stranieri è imbarazzante. In questo momento il dibattito inglese abbraccia la politica sportiva, e gli arbitri. Il Telegraph apre con un pezzo molto elaborato che esamina la rappresentanza di colore nei quadri dirigenziali di FA, RFU, ECB, LTA, RFL, England Golf, UK Athletics, British Cycling e England Hockey. In tutto, tra i vari board, c’è un solo esponente nero. Il Daily News pubblica l’intervista a Uriah Rennie l’ultimo arbitro nero della Premier League, risalente a 12 anni orsono.

“Dovremmo fare in modo che alle parole seguano i fatti. Non dovrebbe essere così inusuale vedere persone “diverse” nel calcio, vedere arbitri donna o neri o disabili…”

In Italia la grande notizia d’apertura di Gazzetta dello Sport e Corriere dello Sport sono i dissapori tra Ibrahimovic e Gazidis. Il Milan.

Nel mondo, intanto, il processo è così avanti che è diventato storico: cadono le statue degli schiavisti, Hamilton diventa capo politico della rivolta, Trump viene sfidato apertamente da tutto lo sport USA.

In Italia il problema semplicemente non esiste. Nei giorni scorsi è scattato anche il canonico biasimo di Balotelli per questioni di condotta, che proprio con il suo ritorno in Serie A aveva riacceso i riflettori sulle curve italiane, i “buu”, e tutto il solito copione di schifezze a cui siamo avvezzi da queste parti. Balotelli, tra l’altro, approfittando dell’estromissione dal Brescia, è sceso in piazza a protestare. Ma niente, in questo momento di trionfale ripartenza del pallone il razzismo proprio non tira.

L’unico ad aver preso una posizione netta, con un’uscita pubblica, tra i dirigenti del calcio italiano, è stato De Laurentiis, su Twitter, ribadendo la posizione politicamente attiva del Napoli sul razzismo.

Il paradosso italiano non è nemmeno una novità. Gli stessi giornali italiani attualmente poco ricettivi al tema finirono su quelli stranieri per l’esatto contrario: il famigerato e indimenticabile “black friday” del Corriere dello Sport.

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