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Elezione Micciché, Malagò indagato per falso. Il Corsera dà la notizia con un titolo cinematografico

L’elezione di Micciché sta diventando un pasticciaccio brutto per il presidente del Coni. Gli equilibrismi di Cairo che non mette la parola falso nel titolo

Elezione Micciché, Malagò indagato per falso. Il Corsera dà la notizia con un titolo cinematografico

L’equilibrismo di Solferino

Dare una notizia e allo stesso tempo provare in tutti i modi a camuffarla. È quel che è successo oggi al Corriere della sera he si è visto costretto a dare la notizia di Giovanni Malagò indagato per falso nell’elezione dell’ex presidente di Lega Gaetano Micciché che venne eletto per acclamazione. Sarebbe bastato un voto contrarie a inficiarne le elezioni. Le urne non vennero mai aperte e adesso c’è un’inchiesta della Procura di Milano.

Che cosa fanno al Corriere della Sera? Mettono la notizia nella parte bassa dell’ultima pagina di sport. Non fanno il titolo secco: “Malagò indagato per falso” come avviene dalla notte dei tempi. E dove per notte dei tempi si intende Tangentopoli. Il titolo è un omaggio ad Elio Petri e al suo “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Gli equilibrismi del giornale di Cairo.

Il titolo è: Indagine sul «commissario» Malagò, la storia è quella della Lega. Sommario (o catenaccio, insomma seconda riga): “Inchiesta in Procura a Milano per il voto all’unanimità di Miccihé. Il numero 1 del Coni: «Fatto tutto on trasparenza». Della parola falso non c’è traccia.

 

Ma non è finita qui. C’è un corsivo del capo dello sport, così titolato: “La nomina di un manager esterno fastidiosa per i poteri del calcio”. In sintesi, la nomina di Micciché avrebbe minacciato i poteri forti essendo Micciché un noto corsaro del management. Con un chiaro riferimento al presidente del Genoa.

Poi c’è l’articolo a firma di Luigi Ferrarella indiscutibile – in fatti indiscusso – cronista di giudiziaria, scrive tutto per filo e per segno.

Che Malagò è indagato per l’ipotesi di falso. Che l’indagine è condotta dai pm milanesi Paolo Filippini e Giovanni Polizzi con l’aggiunto Maurizio Romanelli.

In gennaio hanno acquisito la registrazione e le «plurime irregolarità» addotte dal procuratore vicario Figc Giuseppe Chiné in una istruttoria sportiva pur archiviata, e venerdì hanno chiesto al notaio Giuseppe Calafiori di esibire gli iniziali voti a scrutinio segreto.

Malagò si dichiara «tranquillo. Tutti sono sempre stati a conoscenza dei fatti che si sono svolti nell’assoluta trasparenza».

La storia è più o meno nota. Ferrarella la racconta con dovizia di particolari.

Micciché aveva conflitti d’interesse e venne modificato in fretta lo statuto. La sua elezione non sarebbe più avvenuta a maggioranza ma all’unanimità. Unanimità con un voto che – ricorda Ferrarella – “l’articolo 9 impone segreto”.

Dopo un vivace confronto tra presidenti sulla coerenza o meno di ventilate astensioni, il presidente della Juve Andrea Agnelli propone l’elezione per acclamazione. Malagò concorda, «se no salta tutto», ma procede al voto segreto quando il presidente dei revisori Ezio Maria Simonelli, e il giudice sportivo Gerardo Mastrandrea ricordano lo statuto. Terminato il voto nel trambusto (una voce: «E se vota no qualcuno, che famo?», un’altra voce: «Famo sparire il seggio»), l’ad romanista Mauro Baldissoni invita «tutti a rinunciare allo scrutinio segreto. Chi per caso abbia deciso di votare contro, lo dica apertamente: sarei in imbarazzo se, aprendo le buste, non ci fosse l’unanimità necessaria anche ai fini della modifica statutaria».

Malagò appoggia, e pure il revisore apre: «Se ciascuno di voi individualmente fa una dichiarazione su quello che ha votato e consegna la scheda, si può fare». Malagò: «Chi è contrario? C’è qualcuno che non vuole fare una dichiarazione di voto per Micciché? Dai ragazzi, mi sembra una cosa di buon senso». Tutti palesano: «Micciché». Una voce: «Adesso apriamo?». Malagò: «Le schede non si aprono più, c’è la dichiarazione». E nel verbale «dispone non siano scrutinate, ma inserite in un plico sigillato in cassaforte» con firma del segretario dell’assemblea Ruggero Stincardini e di Mastrandrea. Micciché, non presente, si dimetterà dopo 20 mesi, ritenendo «inaccettabili» le prime polemiche.

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