Sono tornate le vecchie abitudini: i calciatori si accalcano attorno ai direttori di gara che ora si devono preoccupare anche del non rispetto del distanziamento sociale. In Premier è già un problema
Il classico capannello attorno all’arbitro, dopo un fischio dubbio. E’ una pulsione irrefrenabile, che se ne frega del distanziamento sociale, seppur codificato nelle linee guida della ripresa: i giocatori protestano, mani dietro la schiena e faccia protesa verso l’arbitro, il quale indietreggia per schivare l’ormai famigerato “droplet”. In Inghilterra si chiedono se davvero sia compito del direttore di gara dover controllare e nel caso punire il comportamento a rischio degli atleti, spesso in momenti di trance agonistica. E se questo ritorno alle vecchie abitudini – come se niente fosse stato – non sia una brutta immagine, altamente diseducativa nei confronti del resto della società.
Così scrive anche il Telegraph, che sottolinea il problema: i giocatori della Premier League prestano sempre meno attenzione alle regole del distanziamento sociale. Il che rappresenta un cattivo esempio per i milioni di persone che stanno ancora cercando di rispettare le linee guida per il blocco e viola chiaramente i requisiti che la lega ha pubblicato come parte del riavvio del campionato.
“Questo è un problema particolare nel caso dei bambini, che ovviamente istintivamente cercano di emulare i calciatori, nel bene e nel male”.
Gli arbitri – scrive il quotidiano inglese – hanno già abbastanza di cui preoccuparsi senza dover anche sorvegliare, diciamo, gli eventuali sputi dei giocatori. E’ la Premier League che deve risolvere questo problema. Magari emettendo un promemoria pubblico per i club. I test a ripetizione hanno chiaramente dato ai giocatori la sicurezza di essere sani tanto da interagire come prima.