«In Italia il calcio è tutto. Se ora riprendesse il campionato, la gente in tv guarderebbe quello e non solo le notizie sul virus. Quando finirà tutto vorrei parlare con i medici e farmi raccontare quello che è successo».
Il Corriere dello Sport intervista Goran Pandev. Dice che il calcio e i compagni gli mancano molto.
«Il calcio è la nostra vita. Passavamo tutto il giorno insieme, come una famiglia, e ora non ci vediamo da quasi due mesi. È dura ma ci sentiamo, stiamo in contatto e non vediamo l’ora di ritrovarci tutti».
Pandev avrebbe voluto riprendere già il 4 maggio.
«Ma sinceramente la salute è la cosa più importante. Non è ancora il momento di pensare al calcio. Speriamo prima di tutto che la vita torni alla normalità, che il virus sparisca o per lo meno che vengano trovate le misure per superare l’emergenza e contenere l’epidemia».
Dice di augurarsi che il campionato riprenda.
«Ma la decisione spetta alle autorità competenti che faranno la scelta migliore. Serve prima di tutto la massima sicurezza, poi se si riprenderà sarò felice perché il campo mi manca tanto».
Sarebbe un buon segnale anche per la gente.
«In Italia il calcio è tutto. Se ora riprendesse il campionato, la gente in tv guarderebbe quello e non solo le notizie sul virus. Da questo punto di vista il pallone può essere positivo e dare una mano».
Non nasconde di essere preoccupato per il lungo stop, ma confida sull’allenamento fatto a casa.
«E’ vero che sono passati mesi dall’ultima partita, ma la situazione è uguale per tutti. Noi professionisti ci alleniamo tutti i giorni per farci trovare pronti».
Durante il lockdown, racconta, è rimasto a casa ed ha cercato di mantenersi in forma. Ha guardato le vecchie partite e si è dedicato alla famiglia. Pensa anche ai medici che sono stati impegnati in prima linea contro il virus.
«La mia famiglia ed io per loro abbiamo sempre un pensiero. È stato così nei momenti più critici della pandemia ed è così anche ora, perché l’impegno di medici e infermieri non è certo finito. Secondo me non solo il calcio, ma tutto il mondo dovrebbe ringraziarli perché sono i nostri eroi. Noi possiamo solo essere riconoscenti e, quando si potrà, aspettarli allo stadio per organizzare una partita. Vorrei parlare con loro e farmi raccontare tutto quello che è successo».
Pandev parla anche del nuovo Ponte Morandi costruito a Genova e ricorda le emozioni del 14 agosto, quando il viadotto crollò.
«Non avevo mai visto una cosa simile. Quel ponte lo percorrevamo tutti i giorni per andare al ‘Signorini’ ad allenarci. Non lo dimenticherò mai. Ricordo la paura dei primi momenti. Nel pomeriggio avrebbe dovuto esserci l’allenamento e qualcuno di noi era già partito per raggiungere il centro sportivo di Pegli. La società, con il nostro team manager Marco Pellegri, ci contattò subito tutti grazie a una chat WhatsApp: tutto ok, per tutti noi. Poi però arrivarono le prime immagini, le notizie di tutte quelle povere vittime. Fu un dolore immenso, che nessun genovese, come mi sento io, potrà mai dimenticare».