ilNapolista

L’Equipe: “Il calcio riapre ovunque, in Francia lo sport non conta niente”

Duro editoriale contro il governo reo di aver chiuso troppo presto: “Siamo rimasti soli, altrove il calcio è un simbolo di ottimismo, qui di pericolo”

L’Equipe: “Il calcio riapre ovunque, in Francia lo sport non conta niente”

Il campionato francese è l’unico dei “big five” che non ripartirà, chiuso dal governo già un mese fa dopo un dibattito nazionale anche aspro, ma molto approfondito. Una decisione che in un primo tempo era parsa a molti coscienziosa e rispettosa del dramma che il mondo viveva. E che ora viene rimessa in discussione dalle scelte opposte prese in Germania, Inghilterra, Spagna e Italia.

L’Equipe, uno dei più autorevoli quotidiani sportivi al mondo, attacca il governo con un duro editoriale a corredo di una prima pagina corrosiva: “Siamo rimasti soli”, scrive Vincent Duluc. “Ristoranti e bar riapriranno. Ora possiamo viaggiare in tutto il paese. Possiamo persino andare a chiuderci in una palestra. Ma non avremo ancora il diritto di organizzare una partita di calcio all’aperto. Saremo l’unico grande paese del calcio europeo a rispettare questa decisione, e non a condizionarla sull’evoluzione della pandemia”.

L’Equipe in particolare se la prende col mondo dello sport che non ha fatto abbastanza per difendere per le proprie istanze: “Germania, Spagna, Inghilterra e Italia hanno votato per riprendere la stagione calcistica professionistica, lasciandoci soli con una decisione politica opaca ed estremamente contestabile”. “Questa eccezione europea sottolinea il posto dello sport in questo paese, la sua mancanza di riconoscimento come cultura e il modo in cui la classe politica è abituata ad usarlo. Il governo ha reso il calcio un simbolo di pericolo, e la lobby dei presidenti di club promuove il loro interessi e non quello pubblico. Altrove, lo sport è un simbolo di ottimismo, della vita che torna”.

Di più, per l’editorialista al calcio è stata anche negata la sua dimensione economica, scegliendo di “rilanciare l’intera economia ma non quella dello sport professionistico, i cui posti di lavoro sono minacciati e sacrificati. Nessuno ha difeso l’interesse generale, nessuno ha difeso lo sport, il ministro stesso ha ritenuto che non fosse una priorità. Jean-Michel Aulas (il Presidente del Lione, ndr) ha combattuto, è vero, ma il suo discorso è stato indebolito da posizioni successive contraddittorie, nonché dal suo interesse personale. Ciò non significa che tutte le sue argomentazioni fossero stupide”.

Ora, ormai, “è troppo tardi, e sarà quindi necessario notare, se per fortuna la pandemia non riprende il suo corso fatale, che la vita andrà meglio altrove, anche a porte chiuse. L’equilibrio tra rischio sanitario e necessità di riaperture per evitare la recessione è lo stesso in questi cinque paesi del calcio. Solo la Francia ha fatto una scelta diversa. Non è facile avere ragione, se si è da soli”.

ilnapolista © riproduzione riservata