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I dubbi del calcio francese (giocatori, medici, presidenti): «Che senso ha riprendere il campionato?»

Quattro pagine de L’Equipe. Tre giocatori su quattro contrari a ricominciare senza garanzie per la salute. «Se un calciatore viene trovato positivo, che succede?»

I dubbi del calcio francese (giocatori, medici, presidenti): «Che senso ha riprendere il campionato?»

L’Equipe dedica quattro pagine ai dubbi del calcio francese sulla ripresa del campionato. Dubbi di calciatori, allenatori, medici e persino presidenti. C’è un’indagine condotto dal sindacato dei giocatori, indagine da cui – scrive L’Equipe – emergono due grandi tendenze:

il 75% dei giocatori professionisti, quando viene chiesto loro dell’opportunità di tornare in campo a giugno, danno la priorità alla salute e alla sicurezza: non vogliono giocare senza garanzie. L’80% è contrario all’annullamento della stagione, preferiscono che i risultati e la classifica siano congelati fino all’ultima giornata intera disputata in campionato (la 27esima per la Ligue1).
In Francia gli allenamenti dovrebbero riprendere l’11 maggio e il campionato il 17 giugno.

Giocatori e allenatori 

Tutti i protagonisti della Ligue1 interpellati dal quotidiano, esprimono preoccupazione e scetticismo. L’Equipe ricorda che il divieto fino a metà luglio di assembramenti pubblici condanna a concludere la stagione a porte chiuse. Al primo posto c’è la preoccupazione sanitaria. Dice Denis Zanko allenatore del Tolosa: «Non mi preoccupa solo il giorno della partita, anche gli allenamenti. Ho visto che all’estero hanno creato mini-gruppi durante le sessioni. Ma non possiamo snaturare tutto. E poi ci sono gli spogliatoio, le sale per i massaggi. Ci sono una cinquantina di persone a contatto quotidiano in uno spazio abbastanza piccolo. Io dico che prima di tutto c’è la salute».

Gaetan Bealud, capitano del Brest: «All’allenamento partecipano trenta-quaranta persone. Se dovessimo giocare a porte chiuse, le persone coinvolte sarebbero un centinaio. Tutto senza rischi? Dovremmo essere testati ogni giorno, visto che i bambini potrebbero tornare a scuola e le donne dei giocatori al lavoro e quindi ci sarebbe anche la possibilità di portare il virus nel club. Tre quarti della squadra è per lo stop definitivo al campionato. Preferiamo rima nere a casa tre mesi e non correre rischi».

Una posizione – scrive L’Equipe – che riflette una tendenza generale. Il sindacato dei giocatori, l’Unfp, ha condotto un’indagine ed emerge molta prudenza. “Se ricominciamo dopo essere stati tutti testati e dopo tre partite ci ritroviamo una nuova ondata di contaminazione, che facciamo, blocchiamo di nuovo tutto? E se un giocatore viene trovato positivo? Bisogna mettere tutti i suoi compagni in quarantena e fermare di nuovo il campionato?” Domande di buon senso che anche in Italia molte persone si pongono. Ma non tra gli addetti ai lavori quasi tutti allineati sul “si deve ricominciare a qualsiasi costo”.

I medici

L’Equipe riferisce di un documento sugli effetti e le conseguenze del Covid-19 che è stato distribuito ai medici delle squadre di calcio francesi in vista della ripresa degli allenamenti e del campionato.

“Il pericolo sollevato dai medici, e che giocatori, allenatori, preparatori atletici e alcuni presidenti hanno capito bene, è che non sappiamo tutto del coronavirus. Gli avvocati e i periti avrebbero allertato club e giocatori che gli atleti in scadenza al 30 giugno non sarebbero coperti da assicurazione. L’obiettivo principale è la sicurezza dei giocatori ma anche dell’entourage della squadra (dal personale agli steward, passando per gli addetti alla manutenzione, gli autisti, i giardinieri)”.

In Francia, nella migliore della ipotesi, la ripresa è prevista l’11 maggio. È previsto l’allenamento in piccoli gruppi e tutta una serie di esami: naso-faringei, sierologici, biologici, cardiaci e persino psicologici. “Esami che richiederanno tempo. E se uno di questi test non è disponibile, “non deve esserci ripresa”, avverte un medico che è molto scettico considerata la portata del progetto che deve passare attraverso laboratori esterni al club.

“Alcuni controlli dovrebbero essere ripetuti ogni giorno (…) E per quanto riguarda i giocatori che torneranno dall’estero… non saremo in grado di garantire la ripresa al 100%, sia che avvenga a maggio, a giugno, o forse anche a luglio”.

Non solo. C’è anche il rischio di guai muscolari. “I giocatori – scrive L’Equipe – saranno stati fermi per otto settimane. E riprenderebbero ad una frequenza ad alta intensità, con partite ogni tre giorni tra metà giugno e fine luglio. Gli studi dimostrano che dalla fine della seconda partita i rischi di lesioni muscolari sono moltiplicati per sei. Potrebbe anche esserci un’ecatombe che ostacolerebbe giocatori e club per possibili trasferimenti. Soprattutto perché, in uno scenario ideale, la stagione successiva sarebbe cominciata subito dopo: il 23 agosto per la Ligue1”.

E ancora: “Se un giocatore è risultato positivo o ha dubbi una mattina quando tossisce, cosa facciamo?, chiede un dottore. I giocatori dovranno giocare con le mascherine? La lobby finanziaria sta prendendo il sopravvento sulla salute». Ma i giocatori – prosegue il quotidiano – non sono creduloni. La minaccia di un “diritto di recesso” tornerebbe in caso di ripresa. Il sindacato dei calciatori è pronto a premere il pulsante.

I club

Scrive L’Equipe che per i presidenti è un prerequisito la preoccupazione sanitaria per l’eventuale ripresa degli allenamenti e del campionato, senza dimenticare le conseguenze economiche dei diversi scenari di fine stagione.

«Se non ricordiamo fin dall’inizio che la salute dei nostri dipendenti è un imperativo assoluto, trasmetteremo il messaggio che il calcio pensa solo al denaro. Non è affatto vero», ha detto Xavier Thuilot direttore generale del Saint-Étienne. «Non spingeremo per una ripresa rischiosa», afferma Gérard Lopez, presidente del Lille. Il numero uno del Nantes, Waldemar Kita, fondatore di Vivavy Laboratoires (trattamenti estetici) si considera tra quelli in grado di «pensare prima alla protezione dei giocatori assecondando le opinioni dei medici».

Olivier Delcourt, boss del Digione, dice che non c’è alcuna certezza nemmeno per la data dell’11 maggio. Non può essere una ripresa «in ogni modo e ad ogni prezzo. Per ora, ci sono solo incognite nell’equazione. Nulla dice che possiamo riprendere gli allenamenti l’11 maggio» si aggiunge Nicolas Holvek presidente del Rennes.

A Brest il presidente Denis Le Saint ha sostenuto lo stop definitivo della stagione; il direttore generale Pascal Robert considera irrealistica il ritorno in campo se mancano i mezzi per rilevare il virus. «Tra Ligue1 e Ligue2 ci sono 40 squadre, quindi circa 40 persone per squadra, vale a dire 1.600 persone mobilitate al giorno. Se si aggiunge l’intera organizzazione, arriviamo a quattromila persone. Possiamo testarle tutte?»

L’Equipe scrive che il calcio francese comunque ha l’obiettivo di armonizzarsi al resto d’Europa. E poi c’è ovviamente la questione diritti televisivi. Questa è uguale per tutti.

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