Gasperini: “A Valencia facevano festa in strada, tornammo a Bergamo ed era scoppiata la guerra”

Lunga intervista al Guardian. Parla di lupi e fatica: «Papu Gomez e Ilicic non erano esplosi perché non si allenavano bene. Quando l'Inter mi esonerò, Guardiola mi invitò»

Gasperini

Gasperini (Photo Hermann)

L’Atalanta gioca in Champions a Valencia, “una città piena di gente che festeggiava in strade e fuori dallo stadio”. Sale in aereo, e atterra a Bergamo. E a Bergamo “sembrava di essere in un paese dilaniato dalla guerra”. Gian Piero Gasperini ha due flash, due realtà che a marzo esistevano in contemporanea. Un attimo dopo, il mondo avrebbe chiuso per pandemia. Nel frattempo per l’Uefa si giocava ancora a calcio, e l’Atalanta – per molti la squadra più divertente d’Europa – rappresentava lo straniamento: a Bergamo si moriva, altrove non ancora.

Lo racconta e si racconta in una lunga intervista al Guardian. “Tutto è accaduto così in fretta. Solo pochi giorni prima non si sentiva cosa potesse succedere. Quando andammo a Valencia, a Bergamo c’erano le prime avvisaglie che la situazione era critica. Quando siamo tornati a Bergamo ci siamo resi conto di quanto era tutto cambiato in soli due giorni. Siamo passati dall’euforia alla paura nell’arco di 48 ore. Una cosa straordinaria, inspiegabile con le parole. Bergamo è stata al centro di questo terribile coronavirus. Ha colpito profondamente la nostra città e causato così tante morti… Non dimenticherò mai le sirene che abbiamo sentito nel centro di Bergamo, lo ricorderò per il resto della mia vita”.

Quando il calcio riaprirà – ci siamo quasi, incredibilmente – Gasperini sa cosa dirà alla sua squadra: “Metterò l’aspetto emotivo a destra, davanti e al centro. Questi giocatori hanno un ottimo legame con Bergamo: la città e i tifosi. Parlerò emotivamente e il mio sentimento sarà questo: Bergamo ha sofferto molto, questo è il nostro momento per farli sorridere di nuovo”.

Gasperini è un motivatore, parla alla squadra spesso per motti e simbolismi. La foto che rappresenta la sua filosofia è un branco di lupi: “L’ho messa nello spogliatoio. Ci sono lupi davanti, alcuni nel mezzo e uno nella parte posteriore del branco. Quelli in primo piano possono impostare il ritmo all’inizio. I lupi successivi sono i più forti, sono quelli che devono proteggere tutti se vengono attaccati. Quelli al centro sono sempre protetti. Poi ci sono altri cinque forti più indietro per proteggere un attacco da lì. L’ultimo è il capo e si assicura che nessuno venga lasciato indietro. Mantiene tutti uniti ed è sempre pronto a correre ovunque; per proteggere l’intero gruppo. Il messaggio è che un leader non si limita a rimanere in prima linea; si prende cura della squadra e questo è quello che voglio dai miei giocatori”. Foto che secondo alcuni, peraltro, è una bufala.

I suoi giocatori, ovvero una formazione di talenti mai sbocciati e giovani ancora in formazione diventata una specie di caso europeo.

In l’allenamento, i miei giocatori devono lottare; quelli che non sono abituati a lavorare sodo mi spaventano. Dalla lotta nascono le vittorie. Se non corri in allenamento, non corri durante il gioco. Quindi, ovviamente, è importante divertirsi anche in allenamento perché da ciò deriva lo stile di gioco e la qualità. I miei giocatori devono pensarci e fare di più. Non abbiamo mai avuto i mezzi per grandi investimenti, quindi abbiamo dovuto trovare giovani giocatori in Europa con la stessa filosofia: capaci di adattarsi al nostro stile di gioco, vincere con la mentalità offensiva e disposti a lavorare sodo. Chi ci crede, è uno di noi; quelli che hanno paura, vanno via. Il Papu Gomez per esempio, è un giocatore straordinario che non ha raggiunto il suo potenziale perché non si è mai allenato bene. Quando ha iniziato ad allenarsi meglio, ha alzato il suo livello per diventare uno dei migliori in Europa. Ha perso tempo perché l’allenamento ti rende un campione: ha sempre avuto tutto per diventarlo. Ilicic è un altro. Lo chiamavamo “la nonna”. Abbiamo dovuto convincerlo ad aumentare i suoi sforzi in allenamento. Gli mancava quel passo mentale, ma una volta cambiato il suo modo di pensare, abbiamo smesso di chiamarlo nonna, ora lo chiamiamo Il Professore”.

Gasperini ha “sprecato” la sua occasione in un grande club, quando nel 2011 la sua esperienza all’Inter durò pochissimo. “Ero appena stato licenziato all’Inter perché non avevo la stessa visione della dirigenza. Poi ho ricevuto un bellissimo messaggio: Pep Guardiola voleva incontrarmi e mi ha invitato a guardare i suoi allenamenti a Barcellona. È stato un momento molto difficile della mia carriera e vedere un manager straordinario come Guardiola che mi è stato vicino in quel momento, ti dice il tipo di persona che è. Mi ha reso molto felice”

Gasperini parla ovviamente di tattica, si dice orgoglioso di essere stato uno dei maestri della difesa a tre. E dice: “Molti anni fa ho proposto la difesa a tre quando ero allenatore delle giovanili della Juventus. Allora mi è stato detto che era troppo difensivo. Ho dimostrato che era il contrario: i tre difensori partecipano alla corsa, sono allenati per essere coinvolti in modo offensivo. Trovare lo spazio è fondamentale per un giocatore, io ai miei ho dato un consiglio: guardate l’arbitro, è sempre in una posizione ideale per vedere il gioco. Il Papu, in particolare, ha seguito questo consiglio e lo ha davvero aiutato. Se dovessi riassumere la mia filosofia difensiva in una frase, sarebbe che non ci credo e non crederò mai nel concetto di aspettare che il tuo avversario commetta un errore: penso che tu debba provare a rubare la palla per attaccare “.

Guardiola dice che giocare contro l’Atalanta di Gasperini è come “andare dal dentista”.

“Questo è il mio obiettivo: creare una squadra che farebbe lottare qualsiasi avversario. Chi gioca contro di noi deve correre molto ed essere infastidito. Penso che la metafora del dentista sia perfetta”.

 

Correlate