Ritiri e test, in Spagna i giocatori sono preoccupati e scrivono al governo

El Pais: ai calciatori non piace la quarta fase del documento, e chiedono rassicurazioni al Ministero della Salute. "Faremo test che potrebbero mancare alla popolazione normale"

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Le due settimane di ritiro blindato, e poi i test per tornare in campo, non piacciono ai giocatori spagnoli. La soluzione trovata da Liga, la Federcalcio e il Consiglio sportivo superiore (CSD) per portare a termine la stagione interrotta dall’emergenza sanitaria, esattamente come in Italia, scatena il dibattito sul protocollo. Ma sono i giocatori che, preoccupati, scrivono direttamente al governo per trovare una sponda di rassicurazione.

Secondo El Pais “alcuni aspetti del protocollo di prevenzione messo appunto dai club, come rimanere isolati per due settimane prima di iniziare a giocare, generano un forte rifiuto tra i calciatori. Le loro preoccupazioni sono state raccolte in lettere separate inviate dal sindacato (AFE) a Irene Lozano, presidente del CSD, e a Salvador Illa, Ministro della sanità”.

La quarta fase del documento preparato dalla Liga, che prevede l’isolamento in ritiri di due settimane prima che il campionato riprenda, con test a ripetizione “senza nemmeno sapere se saranno necessari al resto della popolazione”, è il punto della discordia.

Nelle lettere i giocatori di dicono “preoccupati che in uno scenario di pandemia questo processo di ritorno alla competizione non sia contrassegnato da regole chiare e determinate dal Ministero della Salute, che è ciò che ci darebbe piena garanzia per evitare situazioni di contagi indesiderati”.

Per quanto riguarda i test, che dovrebbero cominciare il 28 aprile secondo fonti della Liga, i calciatori vogliono “essere certi che possano essere fatti dalle autorità sanitarie, tenendo conto che esiste una richiesta da parte della società”.

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