Libero intervista il capo dell’Istituto Mario Negri: «il virus non dilaga al Sud, a fine maggio contagi zero. Nessun ricoverato di colore a Bergamo, è genetica»
Su Libero un’intervista a Giuseppe Remuzzi, capo dell’Istituto Farmacologico Mario Negri. Parla di dati “confortanti” sull’epidemia. Presto dovrebbe iniziare la discesa. Si può ipotizzare che l’ultimo contagio in Italia avvenga a maggio.
«A metà maggio si ammalerà il 30% delle persone che contraggono il virus ora. Per la fine di quel mese spero di arrivare a crescita zero, come a Wuhan oggi».
Sempre che il virus non dilaghi nel Meridione.
«A patto ovviamente che il virus non dilaghi al Sud. Le fotografie che ho visto in questi giorni, con le strade piene, non sono un buon presagio».
Le previsioni azzardate nello studio pubblicato sulla rivista Lancet si stanno avverando. Remuzzi spiega il metodo utilizzato per il calcolo.
«Il metodo di calcolo è semplice. La città di Wuhan ha 11 milioni di abitanti, poco più della Lombardia. L’Hubei, la regione dove è collocata, ne ha circa sessanta milioni, come l’Italia. Abbiamo considerato la Lombardia come un unico grande focolaio e il Paese come l’Hubei e abbiamo sovrappostole curve di crescita e decrescita».
La riapertura dovrà essere scaglionata.
«Quando i numeri iniziano a scendere significativamente si può iniziare a ragionare di una riapertura scaglionata, anche perché le case sono spesso proprio il luogo dove si sviluppa il contagio».
Restare a casa è la cosa migliore da fare, ma dipende dalle condizioni in cui si vive, spiega.
«Bisogna vedere in che condizioni si sta a casa. Nella medicina, come nella vita, chi ha più problemi e paga il prezzo più alto sono sempre i poveri. Se si sta in cinque in un trilocale è più facile infettarsi a vicenda piuttosto che se si vive in una villa. Senza considerare le complicazioni psicologiche di una convivenza forzata, che possono anche degenerare in patologie. Il contagio dipende dal comportamento individuale, e se uno è molto prudente può portare il rischio di infettarsi tendente allo zero, ma anche dal contesto che si ha intorno».
Nell’80% dei casi ci si riesce a curasi in casa ma si rischia di contagiare gli altri che vivono con noi.
«La cosa migliore sarebbe creare, come hanno fatto in Cina, delle strutture intermedie dove ricoverare e assistere i positivi. È un modo anche per tenere meglio monitorata l’evoluzione della malattia, che è repentina e va seguita in maniera maniacale. Perché la verità è che molti muoiono perché noi ancora non conosciamo abbastanza bene il Covid-19: il suo decorso e i suoi sviluppi sono spesso imprevedibili».
Se in Italia si è perso un po’ di tempo la colpa, dice, è della Cina.
«Ma qui la grande colpevole è la Cina. Il 15 novembre Pechino aveva già 266 malati, ma ha denunciato l’epidemia quasi due mesi dopo. E anche su come affrontarla, le informazioni sono state carenti. Se fossimo stati capaci fin da subito di dire alla gente cosa fare e di garantire assistenza adeguata casa per casa avremmo evitato tanti lutti. La verità è che in tutta Europa, e anche negli Usa, un sacco di persone sono morte e ancora moriranno per niente».
Nel nostro Paese comunque c’è stata sottovalutazione del virus.
«Tutti in Italia hanno sottovalutato. La situazione è precipitata in tre-quattro giorni. Siamo arrivati al punto, in certi momenti, che se chiamavi il 118 per dire che non respiravi ti rispondevano chiedendoti l’età».
Sul fatto che stiano morendo anche i giovani:
«È una malattia strana. Per i primi giorni è una tosse, che nei casi più gravi puoi curare con il cortisone e un po’ di ossigeno. Poi, nel 10% dei casi seri, la situazione precipita. Puoi morire anche attaccato al respiratore. Non è una polmonite come le altre, la respirazione artificiale può non bastare. La verità è che non abbiamo ancora capito bene cosa succede a un certo punto in questi polmoni e nell’apparato cardiovascolare. Quando lo sapremo, avremo trovato la terapia. Il dato di fatto è che un terzo di quelli gravi non ce la fa».
Sulla possibilità che in Germania ci si ammali di meno perché i tedeschi a 60 anni fanno il richiamo di vaccinazione per lo pneumococco:
«Quello sarebbe consigliabile anche da noi, per chi ha avuto problemi ai bronchi. Non me la sento di negare questa tesi».
Molto, nelle future epidemie, dipenderà dal comportamento della Cina.
«Mi lasci dire una cosa, anche se è la quintessenza del politically correct. Noi parliamo tanto di mondo globalizzato, ma se la Cina vuole interagire con il resto del pianeta deve iniziare a curare l’igiene; altrimenti, sconfitto il Covid-19, da lì arriverà qualcos’altro. È inammissibile la promiscuità tra uomini e animali di certi mercati cinesi: il virus nasce lì, in condizioni di pulizia drammatiche. I cinesi in certi campi della medicina, come la genetica, sono ormai inarrivabili, ma sotto l’aspetto dell’igiene dell’alimentazione sono al Medio Evo. E leggo che questi mercati del virus, con miscugli intollerabili tra uomini e animali, sono già stati riaperti».
Sugli immigrati:
«In tutto l’ospedale di Bergamo non c’è un ricoverato di colore. Questione genetica».