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Prandelli: «E’ come se contassimo i morti mentre nella stanza accanto si organizza uno spettacolo»

Intervista al Secolo XIX: «Non capisco la fretta di ripartire. Serve il giusto tempo per far decantare il dolore. E poi se ci sono ancora dubbi forse non siamo pronti. Il calcio può fare bene alla gente, ma deve essere momento di gioia».

Prandelli: «E’ come se contassimo i morti mentre nella stanza accanto si organizza uno spettacolo»

Sul Secolo XIX un’intervista a Cesare Prandelli. Parla dell’emergenza sanitaria e di come bisognerebbe sfruttare questo momento di “rallentamento” per fare quello che in Italia si è sempre rimandato.

«Dovremmo sfruttare questa fase di rallentamento per fare cose che rinviamo sempre: aggiustare le scuole, le strade. E investire su formazione, sanità, ricerca».

E parla, naturalmente, anche di calcio.

«Ripartire, tutti lo vogliamo, ma non capisco la fretta. Se i contratti slitteranno un po’ non è un problema. E non lo sarebbe se invece di tornare ad allenarsi a inizio maggio si aspettassero altri 15-20 giorni. Serve il giusto tempo per far decantare il dolore. Altrimenti da un lato conti 500 morti al giorno e nella stanza a fianco pensi a uno spettacolo da riproporre. E poi se ci sono ancora dubbi, se ci devono essere tutti questi limiti, come i turni per le docce e per mangiare, forse non siamo pronti. Gli esperti dicono che buona parte delle regioni lo sarà per metà giugno? E allora aspettiamo sino ad allora pure per il calcio. Che può far bene alla gente, ma deve essere momento di gioia».

La partita contro il coronavirus non è finita.

«Non è finita e non lo sarà neanche quando saremo a zero nuovi contagi. Serve attenzione, rispetto: restiamo compatti, uniti e concentrati fino a quando l’arbitro non fischia la fine. Per ora dobbiamo convivere col virus: solo il vaccino sarà il gol-vittoria».

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