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Gravina: «Fermare il calcio vuol dire la sua morte. Ce lo imponga il governo»

Il presidente della Figc: «Se aspettiamo il vaccino, non ripartiamo nemmeno nel 2021. Con la chiusura totale, il sistema perderebbe 7-800 milioni»

Gravina: «Fermare il calcio vuol dire la sua morte. Ce lo imponga il governo»

Gabriele Gravina tiene duro. Resta sulla linea del Piave. E rintuzza gli attacchi che oggi sono partiti dal ministro Spadafora. Questa sera è intervenuto a un meeting virtuale organizzato dall’Ascoli e ha ripetuto il concetto che aveva espresso dieci giorni fa Fabio Fazio: “Non sarò il becchino del calcio italiano”. Ha solo utilizzato altri termini.

“Il piano B in caso di stop definitivo del calcio? (il riferimento è al presidente del Coni Malagò, ndr). Il mio senso di responsabilità mi porta ad avere un piano B, C, D. Ma se esso deve far rima con “è finita” dico che, finché sarò presidente della Figc, non firmerò mai per il blocco dei campionati, perché sarebbe la morte del calcio italiano. Se aspettiamo il vaccino e il contagio zero, non ripartiamo neanche nel 2020-2021“.

Gravina ha proseguito:

“Io sto tutelando gli interessi di tutti, quindi, ripeto, mi rifiuto di mettere la firma ad un blocco totale, salvo condizioni oggettive, relative alla salute dei tesserati, allenatori, staff tecnici e addetti ai lavori, ma qualcuno me lo deve dire in modo chiaro e mi deve impedire di andare avanti”.

Poi ha utilizzato che in verità appare poco convincente rispetto alla salute dei tesserati e degli addetti ai lavori

Vi immaginate quanti contenziosi dovremmo affrontare in caso di stop? Chi viene promosso? Chi retrocede? Quali diritti andremo a calpestare? Tutti invocano il blocco, lo faccia il Governo, ce lo imponga, io rispetterò sempre le regole. Ogni giorno devo rintuzzare attacchi e la gente non capisce o fa finta di non capire. Ribadisco ancora una volta il concetto: io la firma su un blocco del campionato non la metterò mai.

Ha poi aggiunto:

Il tempo lavora a nostro favore, il danno economico è diviso per categorie: con la chiusura totale il sistema perderebbe 700-800 milioni di euro, se si dovesse giocare a porte chiuse la perdita sarebbe di 300 milioni, se si ripartisse a porte aperte la perdita ammonterebbe a 100-150 milioni, anche se quest’ultima ipotesi non è percorribile. Dobbiamo fare una riflessione: non è il caso di fare una riforma, intesa come modalità di sviluppo sostenibile e non solo per quanto riguarda il format playoff/playout? È questo il tema su cui dobbiamo concentrarci: siamo gli unici in Europa ad avere cento squadre professionistiche e non si possono più sostenere.

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