Sul Giornale parla di lezione impartita dai marchi automobilistici a chi insegue solo il profitto e la cura degli interessi privati, dimenticando l’elementare impegno sociale che dovrebbe avere lo sport
“Il mondo della formula uno non ha bisogno di task force. Non chiede aiuto ad esperti esterni. Li ha in casa, conosce curve e rettilinei e ora ha deciso di accelerare, nell’emergenza del virus. Mercedes e Ferrari continuano la loro battaglia per la pole position, stavolta si tratta di roba ancora più seria, un gran premio della solidarietà, non a parole e promesse, tipo la politica e i governi, ma sostanza, fatti”.
Scrive così Toni Damascelli sul Giornale. Elogia la Ferrari e la Mercedes perché si sono impegnate a produrre ventilatori, mascherine, strumenti sanitari per aiutare gli ospedali. Fanno la loro parte nell’emergenza, senza polemiche. Solo fatti.
“Con il rinvio delle gare c’è un altro tipo di corsa che impegna i più importanti e storici marchi di automobilismo. Una disciplina, questa, che viene, puntualmente, vista come l’harem dei ricchi, privilegiati, domiciliati in terra esentasse, abitanti di un mondo avatar fatto di belle donne, grandissimi denari ma anche e soprattutto di lavoro, studio e anche morte, atroci fuori pista, tragedie. La risposta, tra le altre, di Ferrari e Mercedes è una lezione per altri settori dello sport che sembrano avere smarrito la sensibilità sociale per inseguire esclusivamente il profitto, la cura degli interessi privati, dimenticando e/o trascurando un elementare impegno sociale che dovrebbe avere lo sport”.
E scrive dell’ex capo del reparto corse Ferrari, Maurizio Arrivabene,
“che ha scelto di guidare le auto che trasportano i malati in ospedale. Stavolta non c’è strategia di gomme, non c’è pit stop, non c’è sorpasso. Si arriva, tutti, insieme al traguardo. Ed è la vittoria più bella”.