Cassa integrazione e club miliardari, la “questione morale” spacca il calcio inglese

Per una parte del governo e dell'opinione pubblica "le società operano in un vuoto morale". Ma il cancelliere dello Scacchiere li difende: è una misura per tutti, se viene usata è un successo

Premier League

Oliver Dowden, il Segretario della Cultura inglese, ha detto ai club della Premier League che il piano di sovvenzioni statale che pagherà l’80% degli stipendi ai lavoratori delle aziende in crisi, non è nato per loro. Il conservatore Julian Knight è andato oltre: le ricche società di calcio, secondo lui, operano in un sostanziale “vuoto morale”, usano questa sorta di cassa integrazione per i dipendenti mente ancora pagando ai giocatori stipendi milionari. Poi è arrivato Rishi Sunak. Sunak non ha ancora 40 anni, è il cancelliere dello Scacchiere da due mesi appena, e ha esordito al governo con questa misura che secondo molti costerà al Tesoro britannico la bellezza di 40 miliardi di sterline in tre mesi. Ebbene, Sunak ha invertito la rotta della grande questione morale che sta spaccando il calcio inglese.

Sunak – scrive in un editoriale sul Guardian David Conn – rispondendo in conferenza stampa sull’utilizzo esagerato degli aiuti statali da parte di aziende proprietà di imprenditori miliardari, non ha risposto affondando il colpo sulle società di calcio. Al contrario, ha affermato che il ricorso di massa a questa misura ne decreta il successo. È stato istituita per tutte le imprese gravemente colpite, come un enorme stabilizzatore economico in una crisi senza precedenti, con l’obiettivo di impedire a milioni di persone di essere licenziate e finire in povertà.

In Inghilterra Newcastle, Tottenham e Liverpool, rispettivamente di proprietà dei magnati Mike Ashley, Joe Lewis e John Henry, sono finite al centro del mirino. Il Liverpool addirittura ha deciso ad una ritirata strategica dopo gli attacchi dei propri tifosi, chiedendo persino scusa. Ma il problema dei giocatori a cui andrebbero tagliati gli stipendi non è semplice, per i club. I giocatori sono impiegati in quanto beni che hanno un valore di mercato, che possono essere venduti, e i loro contratti sono protetti; se la loro retribuzione viene ribassata, possono liberarsi.

In questo momento i calciatori vengono visti come un “nemico” del popolo, quando fino a pochissimo tempo fa ne erano gli eroi. Secondo il Guardian le critiche a cui sono stati sottoposti loro e le società di calcio potrebbero essere rivolte a molte grandi compagnie, ma le sovvenzioni non sono stato create come test morale, o per affibbiare stigma.  Sunak ha dichiarato che le società calcistiche e tutte le società dovrebbero utilizzare il regime in modo responsabile, ma tutto qui. L’argomentazione di Dowden per cui il regime di cassa integrazione è stato istituito per le società in difficoltà, non quelle di proprietà di miliardari, è sbagliata. Alcune delle più grandi aziende britanniche ne stanno facendo un uso sostanziale. Con il supporto dei sindacati.

Paradossalmente c’è qualcuno che teme il fenomeno contrario.  Secondo il parlamentare laburista e sostenitore del Liverpool Ian Byrne, la retromarcia dei Reds, è “preoccupante” perché potrebbe scoraggiare altri club a ricorrere alla cassa integrazione mettendo seriamente a rischio il lavoro dei propri dipendenti.

Il punto – che è al centro del dibattito in Inghilterra ma che in realtà riguarda anche il campionato italiano e la Liga spagnola – è che le società di calcio continuano a navigare a vista in un oceano di regolamentazioni speciali e considerazione morale: sono aziende, ma non solo. Possono usare gli strumenti consentiti a tutti gli altri, ma non del tutto perché nel frattempo pagano i “ricchissimi” calciatori. E’ la questione “morale”, che funziona a fasi alterne: gli eroi ora sono i nemici del popolo.

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