Intervista al Corriere Bergamo: «Ricordiamo che siamo in un’emergenza. Mascherine? Devono portarle tutti. L’importante è che si trovino. Parliamo di mascherine, non di razzi spaziali, insomma»
Il Corriere Bergamo intervista Roberto Burioni, docente di Microbiologia e Virologia all’Università San Raffaele di Milano. Fu uno dei primi a dire che il Covid-19 non era certo una semplice influenza. Parla di Bergamo, dove i morti ufficiali sono più di 5mila.
«Sicuramente quello che ha pesato di più è aver intercettato il virus molto tardivamente. Lo sapremo più avanti dagli studi molecolari. Nessuno ha immaginato, in quel momento, che il contagio potesse partire da lì. I primi pazienti a Bergamo non sono stati identificati correttamente. Per cui sono stati liberi di muoversi, hanno infettato anche persone negli ospedali, provocando un contagio così esteso».
Ad incidere sul disastro sono stati tutti quelli che hanno sottovalutato la gravità del virus, che hanno invitato Bergamo a non fermarsi.
«Sì, hanno inciso tutti quelli che hanno sottovalutato la gravità del virus. Sia chi ha detto che era una semplice influenza. Sia quei politici che hanno detto “la mia città non si ferma”. Ma la malattia è totalmente insensibile al nostro coraggio: è il virus che non si ferma. Però gli errori si possono fare, sono stati fatti e sono stati riconosciuti. L’importante è non ripeterli».
Bergamo è stata interessata da
«un’epidemia fuori controllo che ha interessato un numero ben più alto di persone rispetto a quanto dicono le statistiche. Così come è già stato provato per i morti».
Non importa però adesso andare a rimuginare sugli errori fatti. E’ fondamentale non farne di nuovi.
«Non dobbiamo fare l’errore di farci trovare impreparati quando i casi caleranno. Dobbiamo costruire una rete di sorveglianza degna di questo nome. Dovremo portare le mascherine, tutti, ed essere in grado di fare test veloci in gran numero, perché dovremo identificare subito i casi positivi. Oggi non ha senso perché sono troppi, ma quando i contagiati caleranno, i test rapidi saranno indispensabili. E dobbiamo essere pronti con un’applicazione sul telefono che ci permetta di tracciare i contatti in maniera elettronica».
Sui mille dubbi sulla privacy sollevati in Italia.
«Io penso che in questo momento sia meglio farseli passare questi problemi di privacy. La privacy, da morto, non ti serve a niente. I dati personali vanno tutelati ma ricordiamo che siamo in un’emergenza».
Burioni parla anche delle mascherine. Dovrebbero portarle tutti.
«Perché servono a proteggere non chi le porta, ma gli altri. Quindi se tutti le portiamo, proteggiamo anche noi stessi. L’importante è che si trovino. Parliamo di mascherine, non di razzi spaziali, insomma».
E l’invito, anche da parte sua, è lo stesso di tutti quelli che vivono la battaglia sul campo.
«Non ho idea di quanta gente ci sia per strada. Quello che dico però è che non possiamo abbassare la guardia ora, rischieremmo di vanificare tutti i sacrifici che abbiamo fatto in queste settimane»