La rabbia di un medico ligure al Fatto: “Uso questa mascherina da un mese. Eppure sapevano che poteva arrivare il Coronavirus, ma né governo né regioni hanno provveduto a procurarle”
“Un mese. Guardi questa mascherina, dall’inizio dell’emergenza indosso la stessa. Non ce ne hanno date altre, né a me, né agli altri medici o infermieri”.
Sul Fatto la denuncia di un medico che lavora in un ospedale ligure. Mantiene l’anonimato perché teme il licenziamento. Ha più di 60 anni e qualche patologia pregressa, ma nonostante questo lavora dalle 12 alle 16 ore per curare i malati Covid-19. Ma non nasconde di avere paura, perché alla sua età e nelle sue condizioni, se finisse in terapia intensiva, contagiato, i suoi colleghi potrebbero decidere di non accettarlo in reparto.
“E non potrei biasimarli, bisogna scegliere chi ha maggiori possibilità di guarire”.
Il medico parla di una regola non scritta.
“Che, però, tutti conosciamo. A parità di altre condizioni i nati dopo il 1960 hanno accesso prioritario alla terapia intensiva. Per chi ha più di sessant’anni la precedenza va a chi non ha comorbidità… cioè non io”.
Nonostante il rischio, si prende cura dei malati, dopo una vita dedicata alla medicina. Ma è arrabbiato, perché ai medici non è stata detta la verità.
“I primi giorni mi sono sentito dire che non ci davano le mascherine perché non servivano: una balla colossale, non ce le davano perché non c’erano. Perché, nonostante si sapesse da mesi che poteva arrivare il Coronavirus, non si è provveduto a procurarle. Vale per lo Stato, come per le Regioni. Manca verità quando si tace che da decenni in Liguria, con la sinistra o la destra, si sono smantellati ospedali pubblici. Prima dell’epidemia volevano privatizzarne quattro o cinque rischiando di lasciare ai privati le attività redditizie e rifilare al pubblico le più onerose. Hanno smantellato anche pneumologie. Ecco il risultato”.
In Italia, spiega, c’è una mortalità maggiore perché ci sono più anziani, ma non solo.
“Da noi ci sono 5 mila posti di terapia intensiva, in Germania 28 mila. Questo è essenziale per salvare vite umane visto che non esistono vaccino, né cura”.