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Coppa Davis da matti, Piqué giocherebbe alle 2 di notte col Barcellona?

Italia eliminata alle 4 del mattino, doppi ritirati per non perdere sonno, giocatori come in catena di montaggio. La rivoluzione del capitale travolge la storica competizione a squadre.

Coppa Davis da matti, Piqué giocherebbe alle 2 di notte col Barcellona?

Piqué, quello che ci ha messo i soldi, dormiva. E non ha visto l’Italia eliminata dalla nuova Coppa Davis alle 4 del mattino. Le sue “10 ore a notte più 2 di pisolino” sono la traduzione elitaria del “domani mi devo svegliare presto, ho un lavoro io”. Che è poi la mozione proletaria di cui si era fatto portavoce Nadal dopo che il doppio decisivo tra Spagna e Russia era finito alle 2: “La gente la mattina dopo deve alzarsi per andare al lavoro”.

Il tennis, lo sport del beau geste, è finito a fare gli straordinari in catena di montaggio. L’Italia eliminata dagli USA ha scavalcato la dead line dei quotidiani cartacei, diventando attualità online al risveglio manco fosse l’NBA. E invece si gioca a Madrid, questo nuovo format centrifugato di Coppa Davis. Con un’organizzazione da torneo di quarta categoria: il maestro che infila una partita all’ora accumulando ritardi infiniti. Solo che Djokovic non è un impiegato 4.2 che salta la pausa pranzo per battere un ragazzino della scuola tennis. Questa è la grande classe non-lavoratrice travolta dalla rivoluzione capitalistica: the show non solo must go on, ma lo fa all’infinito, imponendo un fuso orario inedito quanto pronosticabile.

Gli azzurri hanno cominciato – da eliminati – il doppio all’1.30 del mattino. Il ko nel secondo singolare da parte di Matteo Berrettini, 8 del ranking e reduce dalle ATP Finals di Londra, battuto 5-7, 7-6, 6-2 da Taylor Fritz aveva già spento ogni speranza di qualificazione. Perché anche le residue possibilità di essere ripescati tra le migliori seconde erano state vanificate dal ritiro degli australiani contro il Belgio, a causa del miglior quoziente game.

L’inizio delle sessioni serali fissato alle 18, con i tradizionali 3 set su 5 set tagliati al 2 su 3, aveva indotto l’organizzazione a immaginare un evento “serale”, non certo da after party. Più in linea con l’investimento da due miliardi e mezzo di euro fatto da Kosmos, il fondo di investimento guidato da Gerard Piqué (quello che dorme 10 ore a notte più due di pisolino) con socio Leo Messi, e sostenuto da Hiroshi Mikitani, Presidente e CEO di Rakuten, la società di e-commerce sponsor del Barcellona.

Non succede nel calcio, ad esempio. E’ come se il Barcellona di Piqué (che in questa post-Davis hanno messo entrambi mani e piedi) scendesse in campo alle 2 di notte. Inimmaginabile.

I danni collaterali, dovuti al pasticcio incrociato di formula e ritardi, hanno però sgambettato anche la regolarità stessa del torneo. Il Canada, per esempio, ha deciso di “bucare” il doppio contro gli Stati Uniti a notte fonda vista l’inutilità ai fini della sua classifica. Peccato che col sistema dei ripescaggi quella partita avrebbe potuto incidere eccome sulla qualificazione degli avversari, penalizzando le altre squadre. Le critiche di Djokovic e Murray non sono servite a molto, visto che poi il doppio australiano Peers-Thompson è sì sceso in campo contro il Belgio ma dopo tre punti s’è ritirato regalandogli un punto in chiave ripescaggio.

E’ non solo una gestione da circolo di provincia, ma è soprattutto un modo di intendere la competizione che va nella direzione opposta allo sforzo compiuto dall’ATP per rendere più competitive e meno “tattiche” le Finals. Queste cose prima accadevano anche ai Masters, è il calcolo di convenienze fisiologico in una competizione a gironi. Poi l’integrazione di pesi e contrappesi economici ha prodotto le Finals vinte da Tsitsipas, tra le più spettacolari edizioni di sempre.

“Certe cose vanno riviste per il bene della Coppa Davis. Si merita un format migliore e più rispetto per i giocatori”.

ha detto Corrado Barazzutti. E non c’è altra strada che seguire quella dei soldi. Perché la competizione slabbrata non penalizza solo i giocatori, ma anche gli spettatori. Alla Francia, per esempio, non sono andati giù i 400 spettatori insonni che hanno assistito alla partita contro il Giappone. Ma per le prime due giornate sono stati venduti 32mila biglietti, e l’idea di tenere in campo a fine stagione 7 dei primi 12 del ranking, in una competizione che in formato storico ormai veniva snobbata dai big, è una prima vittoria per l’ITF e Piqué.

Ma è anche una resa a una turnistica da fabbrica del divertimento, ad una logica da tennis col cartellino timbrato. E non è forse un caso che proprio i campioni-operai, Nadal e Murray, ma anche Djokovic, abbiano appoggiato la riforma (ma non gli orari folli), osteggiata invece da Federer, il dio dell’eleganza che non suda.

“Capisco le sue ragioni – ha detto Piqué a Marca – Federer ha un suo torneo, la Laver Cup, immagino che per lui sia in concorrenza con la Davis. Noi ci sentiamo diversi, perché il nostro torneo dura da 119 anni. Federer può pensare quello che vuole, noi andiamo avanti”.

Basta mettere la sveglia, tutto sommato, come fanno quelli che la mattina lavorano.

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