La firma sulla convenzione era solo un pretesto. Il presidente sapeva che sarebbe stato accerchiato dai cronisti e che doveva tornare a farsi sentire
La firma sulla convenzione del San Paolo era solo un pretesto, scrive Angelo Rossi su Il Giornale.
De Laurentiis sapeva che sarebbe stato accerchiato dai cronisti e anche che dopo tutto questo silenzio doveva tornare a farsi sentire.
Perché nel Napoli c’è qualcosa che scricchiola. Insigne fa i capricci, Ancelotti non ha ancora trovato, dopo un anno, la quadra necessaria a competere ad alti livelli. E poi ci sono “i mugugni di chi, attratto nell’imminente futuro da ingaggi più sostanziosi, inizia a scalciare”.
E’ inutile girarci intorno, scrive Rossi: con Ancelotti non si è creato il feeling che Napoli aveva con Sarri. Lo dicono la media dei tifosi presenti al San Paolo e la classifica.
“Il presidente del Napoli ha usato bastone e carota, tipico atteggiamento diplomatico di chi in apparenza vuol caricare il gruppo ma nella pratica ne evidenzia alcuni disagi”.
Perché se pure ha dichiarato che vuole tenersi il tecnico ancora dieci anni, ha anche sostenuto che è stato lui a suggerirgli di fare tanto turnover,
“una frase che non può far piacere ad alcun allenatore”.
Come a Lorenzo Insigne non avrà fatto piacere essere trattato da ragazzino viziato
“parole dette forse per spronare e che invece scandiscono a gran voce la difficile convivenza tra l’attaccante e l’ambiente Napoli”.
E’ vero che la città e la maglia si amano a prescindere da tutto, scrive Rossi, ma se Mertens e Callejon, che sono leader della squadra, chiedono
“uno strameritato rinnovo contrattuale a cifre strameritate”
non gli puoi rivolgere quelle parole sulla Cina.
“E se nemmeno intende competere con le big europee per tenersi stretti i suoi campioni, «perchè a certe cifre prima o poi sarò costretto a vendere Koulibaly e Fabian Ruiz», allora il film che De Laurentiis ha in mente è già visto e rivisto: il Napoli sarà un eterno incompiuto”.