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Baresi: “Il Milan di Sacchi praticava un nuovo calcio. Eravamo curiosi”

Intervista al Corriere del Veneto: “Sacchi aveva metodi nuovi e volevamo capire cosa ci chiedeva. Ma alle spalle di tutto ci fu una società capace di tenere unita ogni componente”

Baresi: “Il Milan di Sacchi praticava un nuovo calcio. Eravamo curiosi”

Il Corriere del Veneto intervista Franco Baresi, protagonista del Milan degli Immortali di Arrigo Sacchi che, trent’anni fa, conquistò a Barcellona la prima Coppa dei Campioni dell’era Berlusconi.

Insieme a lui, in squadra, c’erano Galli, Tassotti, Maldini, Colombo, Costacurta, Donadoni, Rijkaard, Van Basten, Gullit e Ancelotti. Tutti nomi di spessore, campioni.

“Furono anni intensi. Abbiamo fatto epoca non tanto per aver vinto, ma per come abbiamo vinto. Praticammo un calcio nuovo per l’Italia, veloce, aggressivo, organizzato. Imponevamo il nostro gioco ovunque e stupimmo l’Europa e il mondo. Emozionavamo vincendo”.

All’epoca Berlusconi era presidente da un anno soltanto, nessuno si aspettava una simile riuscita, ammette:

“Il Milan veniva da tanti anni bui, Berlusconi certamente portò una ventata d’entusiasmo e si percepiva che con lui qualcosa sarebbe cambiato. Poi indovinò l’allenatore”.

All’inizio, con Sacchi, le cose non andavano bene. Troppi cambiamenti, dice Baresi, ma la squadra era tutta con lui perché aveva voglia di inventare qualcosa di nuovo e di seguire il mister:

“Eravamo tutti curiosi, Sacchi aveva metodi nuovi e volevamo capire cosa ci chiedeva. Ma alle spalle di tutto ci fu una società capace di tenere unita ogni componente”.

Del Milan di oggi e delle vicissitudini legate alla panchina di Giampaolo, Baresi dice di non voler parlare

“ricopro un ruolo in società e non è mia competenza l’area tecnica. Il calcio, si sa, è fatto di cicli e generazioni di calciatori. Capisco la rabbia e la frustrazione dei tifosi. Il Milan ha una grande storia, che comporta onori e onori per chi indossa quella maglia. Questo non va mai dimenticato”.

Baresi è stato l’ultimo libero e il primo centrale moderno

“Prima di Sacchi già Liedholm mi aveva impostato come centrale. Ho attraversato due generazioni di calciatori. Dal calcio dei marcatori a uomo a quello a zona. Fino ai 25 anni ero un libero tradizionale, poi con Liedholm ho cambiato filosofia”.

Racconta di aver vissuto con felicità quel cambiamento

“Non sono mai stato un nostalgico, ma un curioso. Con quel modo nuovo di giocare esprimevo meglio le mie attitudini, impostavo il gioco e partecipavo alla fase offensiva”.

Si dice che, in campo, Baresi, Maldini, Costacurta e Tassotti non parlassero mai. Baresi ammette:

“Diciamo che non serviva molto parlarsi, la nostra forza era l’allenamento e ci muovevamo in sincronia. Poi abbiamo giocato insieme dieci anni, ci conoscevamo e c’era grande amicizia tra noi”.

E aggiunge che se è diventato un simbolo nonostante sia tanto schivo, forse dipende dal suo comportamento:

“Conta quello che uno fa e non le parole. Un leader silenzioso è leader anche senza parlare, poi ci sono quelli che parlano e fanno l’opposto. Sono due le cose che valgono: il silenzio e il comportamento”

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