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Il Napoli è una squadra europea

Analisi tattica di Napoli-Liverpool. Un percorso cominciato con Benitez. Il Napoli se l’è giocata alla pari con gli uomini di Klopp dal punto di vista tattico, atletico e persino tecnico

Il Napoli è una squadra europea

Oltre il risultato

Questa volta iniziamo dalla fine, da una considerazione che non tiene conto del risultato di Napoli-Liverpool, che riguarda la prestazione e nient’altro. Il match di ieri sera lascia una certezza: il Napoli è una squadra europea. È una caratteristica particolare per l’Italia, per la Serie A, rispetta un programma che De Laurentiis ha iniziato ad attuare il giorno in cui ha ingaggiato Rafa Benítez. Poi c’è stato Sarri, dopo è arrivato Ancelotti. Tutti hanno lavorato seguendo lo stesso obiettivo, pur manipolando in maniera diversa la squadra.

Oggi quel progetto si è ormai concretizzato, al punto che il Napoli ha tenuto testa ai campioni d’Europa per 90 minuti. Il Liverpool non è stato “schiacciato” o “dominato” come potrebbero pensare alcuni, eppure dalla notte del San Paolo emerge comunque una notizia importante: il Napoli se l’è giocata alla pari con gli uomini di Klopp dal punto di vista tattico, atletico e persino tecnico. Ha saputo soffrire e ha saputo colpire. Ha giocato bene e ha assorbito gli inevitabili cali fisiologici lungo i 90′. La cosa più importante: è stato equilibrato.

L’equilibrio di Ancelotti

Confermando una volta di più quanto detto alla vigilia del match contro la Sampdoria, Ancelotti ha riproposto un Napoli scolastico, anzi rigidissimo in fase difensiva, e più fluido in quella offensiva. La scelta di inserire Insigne dal primo minuto va vista proprio nell’ottica della continuità rispetto a quanto preparato per le partite di Firenze e Torino: se Lorenzo ama disimpegnarsi come laterale d’attacco a sinistra, deve difendere come quarto di centrocampo. Avveniva già ai tempi di Benítez, del resto. Quindi 4-4-2, come si evince chiaramente dal frame sotto. Il Napoli ha difeso in questo modo per tutta la partita, non ha mai modificato il suo assetto.

Il 4-4-2 che permette al Napoli di applicare i suoi principi: difesa orientata sul pallone, reparti corti e strettissimi sull’asse orizzontale; spazi perfettamente divisi nelle coperture.

In fase di costruzione, si è rivisto il sistema con difesa e centrocampo a 3-4 “inventato” proprio l’anno scorso contro il Liverpool. Solo che ora il terzo difensore di destra è Di Lorenzo, più dinamico rispetto a Maksimovic. Mario Rui ha giocato da esterno a tutta fascia, con Callejón a garantire ampiezza dall’altro lato. A centrocampo, doble pivote classico con Allan e Fabían Ruiz, entrambi perfettamente a loro agio – e di nuovo schierati sul piede forte, Allan centrodestra e Fabían centrosinistra. In avanti, la presenza di tre calciatori anche simili, se vogliamo, per caratteristiche di corsa, non permette di individuare uno schieramento reale; l’unica “certezza” è che Insigne ha viaggiato soprattutto sul binario sinistro, mentre Lozano e Mertens sembrano perfetti – in realtà sono perfetti – per non dare punti di riferimento agli avversari.

In questa azione, il Napoli è schierato con una sorta di 3-2-5, perché Callejón e Mario Rui sono molto larghi. È evidente l’asimmetria di Insigne, più spostato verso la fascia mancina. Lui e Mertens occupani gli spazi di mezzo, Callejón e Mario Rui sono larghissimi. La difesa costruisce a 3 uomini. Allan e Fabían Ruiz agiscono da schermo.

Moduli, principi e spostamenti

Il Liverpool, ancora più del Napoli, è una squadra che va letta e analizzata, quindi inquadrata tatticamente, più per i principi di gioco che per la disposizione dei calciatori in campo. I Reds hanno vinto l’ultima Champions League grazie all’aggressività nel pressing, alla capacità di ribaltare velocemente il fronte di gioco, e a una maturità nuova – o meglio: costruita nel tempo – nella gestione del possesso palla. Ieri sera gli uomini di Klopp hanno giocato con un 4-3-3, ma ripetiamo: si tratta di numeri vuoti e privi di significato. Le cose più interessanti del Liverpool sono le tendenze di gioco, meccanismi riproposti di continuo: i lanci ad allungare o allargare il campo (16 passaggi lunghi dalla propria metà campo verso l’ultimo terzo, 66 totali); i tackle tentati, segnale di aggressività in fase passiva (33, contro i 22 del Napoli); i tantissimi uno contro uno in dribbling portati da Salah e Mané (5 a testa), costantemente ricercati in isolamento.

Le posizioni medie nel 3-4-x del Napoli: Di Lorenzo è un po’ terzino e un po’ centrale difensivo; Mario Rui fa l’esterno a tutta fascia, sulla stessa linea di Callejón. Attacco asimmetrico, con Insigne più largo verso sinistra.

Dall’altra parte, il Napoli è una squadra leggermente meno rigida nel suo modo di proporre calcio. Come spiegato anche sopra: il 4-4-2 in fase difensiva permette di rimanere alti e corti in campo, ma in fase attiva le cose cambiano. Da quando c’è Ancelotti, anche un piccolo spostamento determina una variazione nella manovra offensiva. Napoli-Liverpool è stata preparata per stanare i Reds attraverso una costruzione in parità numerica tra difesa e attacco avversario, e la successiva ricerca della verticalità. Non a caso, gli azzurri hanno messo insieme 163 passaggi all’interno della propria trequarti, contro gli 87 del Liverpool. L’obiettivo era partire dal basso con personalità e poi attaccare velocemente una squadra che sarebbe stata scoperta, perché geneticamente votata al pressing. Come in occasione dell’azione terminata col tiro di Mertens. Anzi, con la strepitosa parata di Adrian.

Fotoracconto dell’azione che ha portato all’occasione da gol di Mertens: il Napoli costruisce sempre a 3, anzi esaspera il possesso con Manolas che “invita” Mané al pressing altissimo. E poi scarica verso Di Lorenzo.

Allan, a destra del doble pivote, riceve il pallone in una zona che non può essere coperta da nessuno dopo l’attacco profondo di Mané; il brasiliano ha spazio e supera in dribbling il suo avversario diretto.

Il Liverpool deve far uscire per forza il terzino su Allan, a quel punto è in inferiorità numerica doppia: Allan troverà centralmente Mertens, poi apertura sulla destra e cambio di gioco per Mario Rui che si sovrapporrà sulla sinistra; cross e palla sul piede di Mertens. Un’azione perfetta.

Il terzo difensore in fase di costruzione è una novità rispetto a Napoli-Sampdoria. Questo dimostra che per ogni partita c’è un lavoro di preparazione che mantiene inalterati i principi di riferimento in fase difensiva, ma influisce su quella offensiva. Stesso discorso per i cambi in corso. La scelta di inserire prima Zielinski e poi Llorente è servita perché il Napoli rimanesse corto e compatto in fase difensiva – Insigne non è ancora al meglio ed era evidentemente stanco, Lozano ha corso tantissimo –, ma potesse utilizzare strumenti diversi quando doveva costruire il gioco. Llorente, per dire, è entrato a 20′ dalla fine e ha messo insieme 3 duelli aerei. Più di tutti i suoi compagni, eccetto Manolas (5).

Cosa è successo in campo

Partendo da queste premesse, la partita è facile da decodificare. Si sono affrontate due squadre con un atteggiamento proattivo ma non squilibrate, preparate per queste serate dal punto di vista tattico e mentale. La differenza l’hanno fatta i gesti tecnici, prodezze e soprattutto errori: la migliore occasione costruita dal Napoli prima dei due gol, l’abbiamo vista sopra, è arrivata al termine di una grande azione corale; le due palle gol più invitanti del Liverpool sono nate da una pessima lettura delle marcature su calcio piazzato (il colpo di testa di Firmino nel primo tempo) e su una svirgolata di Manolas (il tiro di Salah deviato da Meret in angolo con un guizzo prodigioso). Poi, nel finale, sono arrivati il rigore conquistato con (enorme) furbizia da Callejón e un rimpallo sfortunato di van Dijk che ha liberato Llorente.

La vera notizia della serata, torniamo all’inizio, riguarda proprio questa sfumatura: il Napoli non ha sbagliato niente o quasi in fase difensiva; il Liverpool, la squadra campione d’Europa, ha invece commesso alcuni errori. Il fatto che la partita sia stata equilibrata e che questa sottile differenza abbia determinato il punteggio è ciò che resta di questa notte di calcio. Come detto da Ancelotti nel postpartita: «La nostra difesa è stata impenetrabile». Cioè, il Napoli è arrivato a un livello tale di forza e consapevolezza che può giocare un calcio europeo, anzi può imporre il suo gioco e concedere pochissimo in fase difensiva. Contro il Liverpool. Quest’ultimo, soprattutto, è un dettaglio da non trascurare.

Post scriptum

Nel finale, Ancelotti si è creato lo spazio per un piccolo surplus di capolavoro tattico: Zielinski in mediana accanto a Elmas (subentrato ad Allan) e Fabían Ruiz sulla sinistra. Per consolidare il possesso in una zona del campo più laterale, quindi meno pericolosa. Lo spagnolo e Mario Rui sono quelli che hanno effettuato più passaggi nei minuti di recupero, rispettivamente 5 e 11. Il Napoli non ha sofferto il forcing del Liverpool, anzi ha trovato la seconda rete con Llorente. Non a caso, viene da dire.

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