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Bologna-Napoli dà indicazioni per il futuro ed è un’occasione per tirare un bilancio

Il migliore acquisto che si possa fare è augurarsi di tornare a essere tutti uniti e tifare la maglia al di là di chi la indossa o la rappresenta nei ruoli dirigenziali

Bologna-Napoli dà indicazioni per il futuro ed è un’occasione per tirare un bilancio

Da una partita che contava davvero poco come quella di Bologna si possono comunque trarre utili indicazioni per i prossimi mesi, quelli decisivi per la costruzione del futuro del Napoli. Nel capoluogo emiliano si è innanzitutto notata l’assenza di Allan e Koulibaly: è arrivata l’ennesima conferma di come siano giocatori fondamentali per gli equilibri e la tenuta difensiva della loro squadra, la quale, senza filtri a centrocampo ha troppo sofferto le ripartenze degli emiliani e, negli uno contro uno, le giocate individuali di attaccanti bravi, ma non certo fenomenali come quelli emiliani. Sarà bene ricordarselo quando in estate per loro arriveranno ricche offerte.

È mancata un’alternativa a Milik

Nell’organico di quest’anno è mancata poi un’alternativa come prima punta di peso a Milik e a Bologna lo si è notato nuovamente: all’inizio della stagione si pensava potesse farla Mertens, in maniera diversa dal polacco, ma si è capito nel corso dell’annata che Dries nel gioco di Ancelotti non avesse le giuste caratteristiche per farla ad alti livelli. Il belga è stato bravissimo ad adattarsi in corsa a una nuova posizione e si è confermato, come punta d’appoggio a quella centrale, ai livelli della scorsa stagione (22 gol e 12 assist complessivi nel 17-18, mentre chiude quest’anno rispettivamente a 19 e 13, pur avendo giocato un migliaio di minuti in meno rispetto a un anno fa).

Preoccupa il finale di stagione dell’attaccante polacco: da aprile in poi (e quindi nelle ultime undici partite giocate) ha segnato un solo gol. Cifre che stridono con la media di una rete ogni 114 minuti avuta da Milik in campionato sino a fine marzo. A prescindere da quale sia il vero Arek, il polacco comunque ha chiuso la sua stagione con venti gol complessivi e quattro assist: sono buonissimi numeri, specie per chi ha giocato così poco nei precedenti due anni. La sensazione è però che questa squadra, per crescere ulteriormente, abbia bisogno di una prima punta di livello internazionale, nonostante le smentite in tal senso della società.

La sensazione che Insigne non sia indispensabile

Il Napoli va in vacanza con la netta sensazione che Insigne non sia più indispensabile al futuro del progetto tecnico della squadra: il capitano, da quando a metà marzo ha avuto il problema muscolare che lo ha costretto a fermarsi per una ventina di giorni, ha giocato complessivamente appena quattrocento minuti, durante i quali è finito sul tabellino dei marcatori (e degli assist) solo grazie al rigore trasformato contro il Cagliari. Lorenzo a Bologna non è stato autore di una buona prova ed è così stato sostituito per fare spazio a Mertens (sedicesimo gol in campionato per lui, che ne ha fatti otto, conditi da quattro assist nelle ultime dieci gare, curiosamente in concomitanza con l’inizio dei problemi fisici del capitano partenopeo).

La stagione di Younes

A Bologna, a Insigne viene preferito anche Younes, che confeziona un bell’assist, da giocatore di classe, al termine di una prova nella quale anche per lui non sono mancate le ombre. Il tedesco ex Ajax fa salire a tre gol e tre assist il suo bottino complessivo nei 545 minuti da lui giocati in Serie A: davvero non male per un debuttante lasciato in campo a Bologna sino agli ultimi minuti della partita, quando ha poi fatto posto a Gaetano (è presto per dirlo, ma l’impressione suscitata dal capitano della Primavera azzurra è stata positiva).

Verdi chiude la sua prima stagione napoletana con lo stesso rendimento statistico di Younes -tre gol e tre assist in Serie A, in questo caso però in 800 minuti totali- ma contro la sua precedente squadra conferma la sensazione negativa destata in quasi tutte le sue apparizioni stagionali. L’ex Bologna sembra sempre troppo “buono”, poco dotato di quel furore – in spagnolo si chiama garra, in napoletano cazzimma- che occorre per emergere quando si gioca in una grande squadra. Sicuramente rappresenta l’acquisto più deludente tra i nove fatti la scorsa estate: ha però tanto talento e meriterebbe una seconda chance in un’annata magari non condizionata da infortuni, come lo è stata questa per lui.

Il ritorno di Ghoulam

La migliore notizia della sconfitta di Bologna arriva da Ghoulam: non solo per il terzo gol in 174 presenze complessive dell’algerino con la maglia del Napoli, ma per una prova che ha ricordato da vicino quelle offerte dal meraviglioso terzino sinistro -secondo lo stesso Sarri forse il migliore d’Europa prima dello sfortunato infortunio- che aveva fatto le fortune della squadra partenopea sino a novembre 2017.

Dal momento del suo infortunio col City, è sempre utile ricordarlo, il Napoli precedentemente molto prolifico (aveva realizzato trentadue gol nelle primi undici giornate di campionato), ne aveva segnati “appena” quarantacinque nelle successive ventisette (per una media di 1,66 a partita), passando tra l’altro dal fare trentun punti sui trentatré possibili con Faouzi a disposizione, a totalizzarne, una volta infortunatosi, sessanta nelle successive ventisette giornate (2,22 punti a partita). La prospettiva di riavere un Ghoulam dal prossimo agosto sempre più vicino alla piena efficienza fisica sembra essere il miglior acquisto possibile in quel ruolo, specie per quelle che sono le possibilità delle casse della società napoletana.

La partita di Bologna

A Bologna è terminata, dopo un anno solare 2017 meraviglioso, una stagione di costruzione di un nuovo ciclo resosi inevitabile. Innanzitutto per il superamento della trentina di anni di tanti protagonisti delle precedenti stagioni, ma anche per la fisiologica flessione di una squadra che l’anno scorso, pur rinunciando a provarci nelle coppe e dando tutto per un solo obiettivo, nelle ultime ventisei giornate (due terzi) di campionato aveva vinto solo otto volte con almeno due gol di scarto.

In seguito alla più che legittima decisione del vecchio tecnico di accettare una proposta professionale migliore – e considerando un rendimento che, al di là della stanchezza fisica, aveva mostrato leggeri segnali di flessione, legati forse anche all’aver iniziato, da parte degli avversari, a trovare le prime contromisure a un gioco sempre meravigliosamente uguale nelle tre stagioni- si è scelta l’unica strada percorribile. Bisognava cambiare modo di giocare e di gestire l’organico per provare a mantenersi competitivi e così è stato fatto.

Il Napoli di questo 2018-19 conferma la sua capacità offensiva

Termina avendo segnato tre gol in meno dello scorso campionato, ma diventa il secondo attacco della Serie A (a tre dal migliore, quello dell’Atalanta) dopo essere stato il terzo l’anno scorso.

Nel finale di stagione lascia invece perplessi la fase difensiva (la porta difesa da Meret e dai suoi colleghi di reparto è rimasta inviolata appena una volta nelle ultime tredici partite) che vede in ogni caso il Napoli confermarsi, rispetto al 17-18, come terza miglior difesa del campionato.

Qualcuno però dovrà assumersi la responsabilità di capire quanto, dopo una fase centrale della stagione giocata con una difesa quasi impenetrabile, la vulnerabilità difensiva dell’ultimo terzo di stagione dipenda solo da un leggero, ma decisivo calo di concentrazione.

La contestazione dell’ambiente

Quest’anno, soprattutto a causa di alcune sbagliate dichiarazioni polemiche del presidente, di una buonissima ma non coinvolgente marcia in campionato, di una piccola parte della stampa e di tanti leoni da tastiera, non si è avuto un ambiente unito. L’entusiasmo non si è avvertito neanche quando nei primi mesi la squadra lo avrebbe meritato.

Si è piuttosto molto spinto sul voler considerare non positiva una stagione che solo a Napoli (da pochi) è considerata tale.

Ne ha risentito – l’unica cosa che poi davvero conti – la squadra, “costretta” a giocare in uno stadio spesso semivuoto, e mai spinta dall’entusiasmo fondamentale per andare oltre le proprie capacità, buonissime, ma non sulla carta da vittoria. Due anni fa si perdonava -più che giustamente, ma non è questo il punto- il terzo posto in campionato, tre anni fa si accettava la rimonta della Juve da meno nove punti sotto; sino alla scorsa stagione sono state tollerate senza dire una parola eliminazioni in Europa con squadre da organici sicuramente inferiori come quelli di Villareal, Lipsia e Shaktar.

L’avventura della Coppa Italia

In Coppa Italia, poi, si è usciti – tra l’altro col fattore campo a favore – con l’Inter terminata quarta nel 15-16 o addirittura con l’Atalanta settima nel 17-18. Senza dimenticare che veniva etichettato come storico successo una sfida indubbiamente emozionante col Real, ma terminata nel complesso con un nettissimo 2-6 a sfavore.

Quest’anno indubbiamente non si è visto calcio spumeggiante né si è quasi mai avuta la sensazione di forza percepita sino a fine 2017 (non oltre, come testimoniano i numeri, non citati da tantissimi che parlano erroneamente di una complessiva, brillante scorsa stagione). Ma questi dati di fatto non bastano a giustificare perché nessuno abbia ad esempio celebrato la grande vittoria di ottobre sul Liverpool.

Si è fatta passare per drammatica l’eliminazione in Coppa Italia, questa volta avvenuta quantomeno in trasferta col Milan quinto in Serie A (ma che in quei mesi invernali era in gran forma e arrivò sino al terzo posto).

L’Europa League

Si è ritenuta una tragedia l’eliminazione in Europa League contro l’Arsenal, una squadra più forte per monte ingaggi, ranking europeo e esperienza internazionale, che dopo il Napoli ha subito un netto calo, ma arrivata alla settimana della doppia sfida dei quarti di finale vincendo otto delle ultime undici gare, segnando 21 gol e subendone solo otto.

Per carità, la squadra di Ancelotti poteva sicuramente fare meglio nelle coppe ed è stata eliminata giocando male, ma nel suo DNA, nonostante la crescita avvenuta quest’anno in tal senso, non ha ancora queste vittorie in partite così importanti a livello europeo.

Chi non ama il Napoli continuerà nelle prossime settimane a parlare dei punti di differenza con lo scorso campionato e a far passare come scontato – non si sa bene in base a cosa, visto che questa squadra ha appena il quinto monte ingaggi della Serie A – l’ottavo secondo posto ottenuto in novanta e passa anni di storia di questa società. Non si parlerà invece dei miglioramenti netti in ambito europeo, dove appena per la quarta volta nella sua storia questa società è arrivata ai quarti di finale (in un momento storico dove peraltro solo la Juve è stata capace tra le italiane di fare altrettanto).

La vittoria contro il Liverpool

Si è ottenuta la vittoria europea più prestigiosa degli ultimi anni contro il Liverpool vice campione d’europa, a Parigi si è giocata la partita in trasferta più bella dell’ultimo quinquiennio e in Europa League si è sconfitto con margine quel Salisburgo che nel girone eliminatorio aveva sconfitto due volte un Lipsia migliorato rispetto allo scorso anno.

Non verrà apprezzato il vantaggio netto confermato in campionato su squadre che avevano investito molto di più e considerate la scorsa estate dalla maggioranza degli osservatori, lasciando stare anche le ormai celebri griglie, sulla carta più competitive del Napoli. Così come verrà ritenuta marginale quella che invece è un’ottima notizia per la crescita di una società che sostanzialmente si autofinanzia nei suoi investimenti: i siti specializzati di mercato hanno testimoniato come il valore della rosa durante questa stagione sia aumentato, rispetto alla scorsa estate, di 74 milioni.

L’augurio vero per la prossima stagione, l’acquisto migliore possibile da poter fare, è che finalmente si torni a essere tutti uniti e tifare la maglia al di là di chi la indossa o la rappresenta nei vari ruoli dirigenziali.

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