Non c’è un filo di carne viva, di piacere, di sensualità tra questi uomini e queste donne. Persino il bagno con la mutanda è diventato vintage
Sabato, diciannove gradi. Alla Gaiola gli stranieri, presi alla piacevole sprovvista dal tepore inatteso, si tuffano in mutande in un’acqua di smeraldo. Un gruppetto di ventenni napoletani osserva con malcelato sarcasmo: “Sai che bella sensazione, poi, tutto quel sale addosso…”.
Sul lungomare c’è gente ma i sorrisi latitano. C’è tensione alla fila per il gelato al pistacchio allo chalet e poi per il caffè in tazza troppo calda – e ti avevo detto di darmelo senza zucchero, ma perché non l’hai macchiato come ti avevo chiesto, scusi c’ero prima io.
Fuori il mare risplende. È un teatro di bellezza restituita a tutti e gratuitamente. Si alza in volo uno stormo di uccelli strani, una famiglia francese dice siano martin pescatori. In villa comunale sembra di vivere in una chat di whatsapp, con madri che lottano per stabilire di chi sia la responsabilità dello scontro tra due ragazzini in rollerblade e un padre che spinge la mini auto elettrica con batteria a terra del figlio, mentre tira giù un tripudio di santi dal calendario.
Il resto attorno è bellezza per la quale, di fatto, nessuno mette un centesimo e per la quale non esiste né attenzione né riconoscenza. C’è tutto e per le strade corre principalmente insofferenza. Si versano litri di spritz sulle terrazze davanti alle telecamere parate a selfie ma le persone sono costantemente incazzate. Non c’è guizzo, manca un minimo acuto di gioia. I gesti sanno tutti di necessaria routine. Non c’è un filo di carne viva, di piacere, di sensualità tra questi uomini e queste donne.
La maglia restituita dai tifosi a Callejon lascia sorpresi i cechi per scelta. Napoli è una città che vive una frigidità costantemente crescente da oltre un decennio. Figurarsi il sudore di una casacca usata. Rovinerebbe il profilo Instagram.
