Qualsiasi lavoro ha bisogno di tempo per dare i suoi frutti. Ieri Davide Ancelotti è tornato sul tema. Per vedere davvero il Napoli di Re Carlo occorre pazienza
La pazienza, questa sconosciuta. La pazienza di attendere per dare giudizi, per tirare somme e conclusioni. Il campionato non si è ancora concluso ed è già partita la caccia all’uomo, anzi potremmo dire la caccia ad Ancelotti. Non ci preme discutere se questa stagione sia stata una delusione, come dicono alcuni, o meno. Quello che ci chiediamo è, siamo così sicuri che quello visto quest’anno sia già il Napoli di Ancelotti?
Anche Sacchi, a febbraio, in un’intervista alla Gazzetta, disse di Ancelotti: “È bravo, è furbo come un contadino”, giudicando positivo il cambio di allenatore, ma riconoscendo che fosse necessario un periodo di transizione per arrivare a vedere gli effetti del suo lavoro sul Napoli.
Un periodo di attesa, di pazienza, di semina, prima del raccolto. Il concetto espresso ieri da Davide Ancelotti a Radio Kiss Kiss: “Se si semina, il raccolto sarà rigoglioso”, ha detto.
E fu proprio così che Ancelotti si presentò, come uomo di campagna, con le sue origini contadine e soprattutto con i valori che questa vita insegnano: primo fra tutti la pazienza.
“Quello che seminavi lo raccoglievi a distanza di un anno. Non c’era un riscontro immediato. Bisognava avere grande pazienza, non lasciarsi abbattere dai momenti di difficoltà”.
Aveva detto nel libro ‘Preferisco la coppa’. Lo potremmo definire un elogio della calma, della pazienza, dell’attesa.
Anche in un’intervista ad Avvenire nel marzo scorso, il mister disse chiaramente, paragonando il mondo del pallone a quello dei campi: “Anche nel calcio raccogli i frutti dopo un anno”.
E se questo non fosse ancora il Napoli di Ancelotti? Se davvero fosse necessaria un po’ di pazienza per attendere i risultati della semina?
Ancelotti è furbo, è anziano (inteso nel senso di chi ha esperienza, ma è qui per prepararsi alla pensione) e aveva previsto tutto fin dalla sua prima conferenza stampa nel Teatro Comunale di Dimaro.
Il Napoli di Ancelotti quando arriverà? «Magari potrete dire “il Napoli di Ancelotti” quando si perde, ma non è mia la squadra, è dei tifosi, della società».
Perdonateci se facciamo un passo indietro a Rafa Benitez, che tanto fu discusso all’epoca della panchina a Napoli, mentre oggi viene riconosciuto che è stato proprio lui a dare il via alla crescita internazionale della formazione azzurra. Nel marzo 2015 citò un proverbio che recitava così: “El que en Abrile riega en mayo siega”, ovvero, “colui che irriga ad aprile miete a maggio”. Per sottolineare che qualsiasi lavoro ha bisogno di tempo per dare i suoi frutti.
A Benitez non concedemmo tempo a sufficienza affinché ci mostrasse i frutti della trasformazione messa in atto. Errare è umano, perseverare sarebbe diabolico, anche da parte di noi tifosi.