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Napoli-Roma, la retorica della grande prestazione non ci convince

Il rifugio nelle statistiche non è mai un buon segno. Come già contro la Juve, Ancelotti è stato meno coraggioso. E poi sono tornati i titolarissimi

Napoli-Roma, la retorica della grande prestazione non ci convince
Ancelotti (Foto Ssc Napoli)

Ci sono sentimenti contrastanti dopo il pareggio del Napoli contro la Roma. Pareggio ottenuto al 90esimo, dopo una partita statisticamente dominata. Alfonso Fasano nell’analisi tattica ha evidenziato aspetti positivi e negativi della prestazione. Illuminante il dato sui 48 cross, ma ha anche ricordato che è stata statisticamente la miglior partita del Napoli di Ancelotti, anche se i dati della Lega Serie A sono meno trionfanti. Dei 26 tiri in porta di cui quasi tutti hanno scritto, la Lega ne riporta 18 e spicca la minima differenza nei tiri verso la porta avversaria: sei per il Napoli e cinque per la Roma. In ogni caso, non vorremmo ripetere episodi già vissuti. Come all’epoca di Benitez, quando perdemmo col Chievo in casa nonostante i 33 tiri in porta. È il calcio. È il sale del calcio.

Non vogliamo apparire “risultatisti” a ogni costo – anche se lo siamo, persino orgogliosamente – ma ci rifacciamo all’insegnamento di Carlo Ancelotti e cioè che nel calcio esistono due sole statistiche: i gol fatti e i gol subiti. Per essere subito chiari, non c’è da condannare né criticare la partita del Napoli. Ma non ci convince affatto la retorica della grande prestazione per una partita che il Napoli ha pareggiato all’ultimo minuto. Cozza troppo con la realtà. Anche se sappiamo che a Roma si è aperto un processo per la partita eccessivamente difensiva giocata da Di Francesco. Ma nel calcio difendersi è contemplato; può non piacere, ma è un aspetto importante del gioco.

Il Napoli ha avuto il controllo della partita, l’ha dominata nel secondo tempo, può esibire le non sappiamo quanto confortanti cifre del possesso palla con gli azzurri al 60%, ma è un dato di fatto che l’occasione più limpida – oltre ai gol – l’ha creata la Roma, sullo 0-1, con Under e Dzeko che è stato prima rallentato da una perfetta uscita di Ospina (bravissimo ieri, ancora una volta) e poi si è visto negare il gol sulla linea, a porta vuota, da un colpo di testa di Albiol.

Olsen non ha compiuto miracoli

Oggi Olsen ha avuto voti alti in pagella, eppure a nostro avviso saremmo bugiardi se dicessimo che ha compiuto miracoli. Ha all’attivo quattro o cinque parate, nessuna realmente prodigiosa. Tiri che potevano essere parati. C’è stato uno scarto importante tra la mole di gioco prodotta dal Napoli e la pericolosità che ne è scaturita. Corretta e comprensibile la versione di Ancelotti che ha giustamente ricordato il valore della Roma e ha elogiato i suoi. Ma qualcosa non è andato nel verso giusto. E non ci interessa aprire il processo all’attacco, sarebbe fuori luogo con una squadra che è seconda nella classifica dei gol realizzati. Né ci interessa addentrarci nella questione della scelta del centravanti titolare per ieri sera.

I titolarissimi

Altro aspetto importante. Napoli-Roma è stata anche la partita dei titolarissimi. Una novità nella gestione Ancelotti. Sì tredicesima formazione diversa in altrettante partite, ma solo due cambi rispetto a Parigi. E si è visto. Si è sentito. Nessun calciatore – tranne forse Fabian Ruiz – è stato efficace al cento per cento. È fisiologico, è umano. La partita contro il Psg ha svuotato i giocatori dal punto di vista fisico e mentale. Il Napoli è andato ripetutamente a sbattere sul muro avversario, spesso come un toro poco lucido. A lungo abbiamo avuto la sensazione – poi rivelatasi sbagliata – che se pure la partita si fosse giocata per due giorni, non avremmo mai segnato.

Zielinski e Diawara

Ancelotti ieri ha dato un segnale chiaro anche per Zielinski: fin qui il polacco è stato estromesso in quasi tutte le partite più importanti: Liverpool, Psg e ieri Roma. Pur non avendo giocato a Parigi, si è accomodato nuovamente in panchina. Fu protagonista contro il Milan (doppietta) e giocò in maniera anonima allo Stadium contro la Juventus. Lo stesso vale per Diawara il calciatore che forse è più indietro rispetto alle attese. Se Ancelotti non se l’è sentita di fare più di due cambi rispetto alla partita di Champions, un motivo ci sarà. Nelle partite di prima fascia c’è una gerarchia ben precisa. E viene rispettata, anche a costo di un deficit di lucidità da parte di chi va in campo. Insigne su tutti, ma non solo.

Cambi meno coraggiosi rispetto al Milan

È stato un Ancelotti anche meno ardito, ha ovviamente valutato la forza della Roma e ha preferito tre sostituzioni di ruolo, senza mai schierare un Napoli molto aggressivo o persino sbilanciato. Contro il Milan, eravamo sotto 1-2 quando fece entrare Mertens al posto di Hamsik. Poi, sul 2-2, riequilibrò la squadra con Diawara per Zielinski. Ieri non se l’è sentita, forse sapeva di non poter chiedere troppo fisicamente ai suoi. Il cambio più offensivo è stato Malcuit per Hysaj, avvenuto al 70esimo.

Contro la Roma, Ancelotti ha effettuato una serie di scelte conservative. Come già accadde contro la Juventus. Per la visione cara a chi scrive, è un mezzo passo indietro. Più del risultato in sé che, per come è maturato, è da salutare con un sorriso. Il conforto arriva dal pensiero che Ancelotti, se dovesse leggere queste righe, probabilmente penserebbe: “Beati voi… (che non capite un cazzo)”. Come da aneddoto riportato ieri sera da Caressa nel salottino Sky.

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