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Gentile e il Mondiale ’82: «Maradona mi insultò tutta la partita, alla fine neanche mi diede la maglia»

A La Stampa: «Gli argentini erano cattivi, Gallego affondava la sua unghia lunghissima nel collo di Pablito. Finsi un infortunio per guardare il Mondiale di ciclismo ma Trapattoni se ne accorse»

Gentile e il Mondiale ’82: «Maradona mi insultò tutta la partita, alla fine neanche mi diede la maglia»
1978 archivio Storico Image Sport / Italia / Paolo Rossi-Claudio Gentile / foto Imago/Image Sport

La Stampa intervista oggi Claudio Gentile che racconta della sua passione per il ciclismo: «Volevo fare il ciclista, mi sono ritrovato calciatore». La sua era una passione forte, talmente tanto che una volta in ritiro finse di stare male per poter saltare la rifinitura e seguire il Mondiale in tv: «Era quello del 1980 a Sallanches, ci provai, ma il Trap non la bevve: “non fare il furbo..” mi interruppe appena accennai a un dolore alla gamba».

Nove anni alla Juventus, la sua prima squadra si Serie A. Il suo primo ricordo in bianconero: «Il presidente Boniperti che sorride accorgendosi che ero più alto di lui. Gli avevano riferito fossi piccolino. Scoprii che prima di tesserarmi aveva assunto informazioni su tutta la mia famiglia».

L’intervista è di Antonio Barillà.

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«Mai stato scorretto. Duro sì, come lo erano Burgnich o Rosato: allora ti appiccicavi all’avversario e non lasciavi quattro metri come succede oggi, vedo errori incredibili e non capisco come possano ripetersi. Il bello è che Maradona mi insultò lui tutta la partita, era nervoso perché non riusciva a fare ciò he voleva e cercava di provocarmi in tutti i modi. Alla fine nemmeno mi diede la maglia».

Non era previsto che dovesse controllarlo lei..

«Ero convinto di dovermi occupare di Kempes, che già avevo marcato nel ’78 in argentina. Invece Bearzot, giorni prima, mi venne in camera e mi informò della scelta. Rimasi stupito, ma non mi sono tirato indietro: mi feci dare le videocassette e ho cominciato subito a studiarlo».

L’ha studiato bene

«E l’ho fermato senza mai picchiare. Incredibile che mi abbia fatto la morale. Lui in carriera di espulsioni ne ha avute, io solo un rosso, a Bruges con al Juve in Coppa dei campioni, e non per un intervento scomposto ma per un fallo di mani. I suoi difensori sì che erano scorretti, Gallego affondava nel collo di Pablito l’unghia del mignolo che era lunghissima. E anche Passarella, con cui ho giocato a Firenze, e Tarantini, a volte entravano per far male».

 

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