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Il caso Conte ci spiega che nel calcio comandano i giocatori

Lo spogliatotio del Real avrebbe rifiutato Antonio Conte. Un diktat inaccettabile, solo che l’ultimo esonero imposto da Ramos e compagni ha portato a tre Champions consecutive.

Il caso Conte ci spiega che nel calcio comandano i giocatori

Se Florentino dice sì

Antonio Conte al Real Madrid, è fatta. Dietrofront, non è così. Anzi, ecco Santiago Solari fin da subito. Poi si vedrà, per il futuro. Gli ultimi due giorni sono andati così, nel nome di Sergio Ramos e dello spogliatoio del Real Madrid. C’è poco da fare, secondo i giornali spagnoli le parole del capitano merengue hanno avuto la forza di far saltare la trattativa tra Florentino Perez e il tecnico salentino. Queste le dichiarazioni di Ramos: «L’ho sempre detto: il rispetto si guadagna, non deve essere imposto. Non è una questione di nome, di questo o quell’altro allenatore. Al Real Madrid abbiamo vinto tutto con diversi tecnici, il punto è che la capacità di gestire lo spogliatoio è molto più importante delle conoscenze tecniche».

Una doppia frecciata a Conte. Soprattutto, una doppia frecciata a Florentino Perez. Che, in maniera neanche tanto velata, è stato invitato a cambiare obiettivo. A rivedere i suoi piani. In realtà era successo già quattro anni fa, quando si impose il licenziamento di Benitez. I risultati erano decisamente migliori rispetto a quelli di Lopetegui, eppure il buon Rafa non andava a genio a molte persone nello spogliatoio di Valdebebas, centro sportivo del Real. E allora ecco l’esonero, al suo posto Zinedine Zidane. Florentino disse sì, e dovrà dire sì anche oggi. Anzi, l’ha già detto

Per chi fa e legge e analizza il calcio, si tratta di un’imposizione inaccettabile. Praticamente, dei dipendenti hanno imposto una scelta al loro datore di lavoro. Ancora peggio: una scelta strategica. Giusto che possa esserci condivisione, sugli obiettivi da raggiungere e sul modo per cercare di portare a termine la mission societaria. Ma in questo caso si tratta di un vero e proprio diktat. Il comitato interno del Madrid ha detto no ad Antonio Conte. Comandano loro.

Solo che hanno ragione

Certo, non è facile essere Florentino Perez. Anche perché, mai come questa volta, i suoi giocatori hanno ragione. O meglio: hanno accumulato un credito tale che la loro posizione non poteva essere ignorata. Anche se è eticamente, professionalmente incondivisibile. Il punto è che l’ultimo esonero imposto a Florentino Perez ha portato a tre Champions League consecutive. Era l’autunno del 2015, Carlo Ancelotti aveva lasciato da poco la panchina merengue, e al suo posto era arrivato Benitez. Carletto era molto amato, l’impatto di Rafa sull’ambiente fu decisamente negativo. Zidane fu promosso dal Castilla, proprio come Solari, e il Real Madrid prese a volare. In due stagioni e mezza, Zidane ha vinto tutto tranne la Copa del Rey. E per tre volte consecutive la Champions League.

Come dire: i giocatori si sono assunti la responsabilità di “cacciare” Benitez, e poi hanno vinto tutto. Si sono sentiti in diritto – forse anche in dovere – di rifiutare Conte. Forse per motivazioni diverse, ma con la stessa finalità: imporre un tecnico-gestore, in grado prima di tutto di relazionarsi con loro. Con loro, che sono entità superiori del pallone. La squadra più vincente degli ultimi trent’anni.

Ripetiamo: da sostenitori della filosofia football-business – per cui una società di calcio è innanzitutto un’azienda, e ogni azienda ha un capo che decide -, il niet di Ramos e dei suoi compagni ad Antonio Conte è francamente inaccettabile. A prescindere da un’aderenza tecnico-tattiche che effettivamente è solo ipotetica, a prescindere dai metodi, a prescindere da tutto. Allo stesso modo, però, comprendiamo i motivi che hanno spinto Perez a fidarsi (di nuovo) dei suoi calciatori. Dei suoi totem. Ora hanno una responsabilità enorme sulle spalle, quattro anni dopo l’ultima volta. Proprio per com’è andata con Zidane (un allenatore che però ha dimostrato di essere all’altezza di questa qualifica, a dir poco), non possono avere paura di questa nuova sfida.

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