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Guida al campionato di Nello Mascia: dimenticare i 91 punti e il nipote di Pessoa che non paga le tasse

La presentazione del campionato di Serie A 2018/2019: l’arrivo del nipote di Pessoa, Agnolotto al posto di Sor Tuta e il Sarrismo di Aurelio Andreazzoli.

Guida al campionato di Nello Mascia: dimenticare i 91 punti e il nipote di Pessoa che non paga le tasse

Falli da dietro – Presentazione del campionato di Serie A 2018/2019

Ma certo che vinceranno loro. Ancora una volta.

Il roboante approdo del nipote di Pessoa in fuga dall’erario iberico risulterà non influente. Avrebbero vinto anche senza.

Roboante approdo. Roba da archiviare fra i capolavori mediatici e soprattutto fra le gigantesche manovre di elusione fiscale.

L’ottimo ministro Pier Carlo Padoan, prima di andar via, introdusse la geniale imposta “Benvenuti Paperoni ”, nella legge di Bilancio 2017.
Con l’obiettivo di attirare nuovi capitali, consumi e investimenti nel Belpaese.

Di investimenti per ora se ne son visti pochi.
Ma in compenso l’Italia è diventata da allora un vero Eden per i ricchi sfondati.

Esulta il più forte calciatore del pianeta che non crede ai suoi occhi per la pacchia italiana. Dei 47 milioni che guadagnerà in Italia dovrà versare solo l’obolo di 100 mila euro. Altro che il desiderio di nuove avventure.

Esulta la proprietà FCA per gli enormi vantaggi d’immagine.

Con un assegno si compra tutto. Anche la storica rovesciata di Madrid.

Il più Forte del Pianeta arriva circondato da quattro bodyguard.
Arriva ed è accolto da cori e i brindisi del popolo impazzito.
Arriva lucido e irreale come un bambolotto di celluloide.

Gli hanno destinato una villa vicino a quella della Littizzetto. Così non si distrae pensando alla figa.

Lo accompagnano allo spogliatoio. Aprono festanti la porta.
Gli sfavillanti gioielli di famiglia brillano alla luce improvvisa.

E lì il più sfigato dei magazzinieri sussurra timidamente: “Ma dove lo mettiamo?”.
“Già, dove lo mettiamo?”
Sussurra Acciughina guardando perplesso Marotta che perplesso gira gli occhi all’Agnellaccio che già comincia a irritarsi.
“Qui è tutto pieno”.
“Faremo spazio. Via la Joya!”
“No, no”. Balbetta Marotta: “Pare che fra i due già ci sia, ehm, un feeling”.
“Via il Gordo Cano!”.
“Ma scassiamo un attacco”. Piagnucola grondante il General Manager.
“Ha ragione il Presidente. Via il Gordo! Che non azzecca una finale!”. Tenta servile Acciu.
“Come te!” Chiude secco il Patron.

Il rientro di Bonucci

Vinceranno ancora loro.
Hanno gentilmente indicato la porta al Pomata.
Ormai sui coglioni anche al gatto dello spogliatoio.
Potrebbe smettere, perché sarebbe pure ora. Potrebbe riempire i giorni a girare un’altra ventina di orribili spot.
Ma arriva inattesa l’offertona dagli emiri. Andrà a Parigi e dopo sarà l’uomo immagine ai mondiali del Qatar.

Esce il Pomata, e rientra il Bonucci.
Dimenticare la scazzottata di Cardiff con il mister.
Al CR7 servono i suoi lanci in profondità per la Champions. Poche storie.
I tifosi pretendono da lui almeno le scuse per i gestacci dopo il goal in maglia rossonera allo Stadium.
Lui da gentiluomo, rifiuta. Bella persona.

Vinceranno ancora loro.

Rizzoli consentirà loro di fare alcune verifiche con calma.
Se la difesa reggerà il peso degli anni.
Se il centrocampo, con l’innesto del turco, riuscirà a trovare compattezza e magari un leader credibile.
E se Cancelo, strepitoso cursore d’attacco, imparerà a diventare un esterno affidabile anche in copertura.
Rizzoli li aiuterà anche a sbrogliare le partite “facili”, che era una specialità del Gordo.

L’ossessione Champions

Vinceranno ancora loro. A mani basse, in Italia.

Il più grande giocatore vivente, durante il Campionato avrà tutto il tempo di vendere magliette. Qualche manciata di minuti qua e là. Basteranno comunque per portare a casa una ventina di goal. Ma tutto in scioltezza.

Per garantire freschezza ai suoi magnifici 33 anni nella sfida Champions.

La Champions, già.

Entrare nell’Olimpo europeo.
L’ultima ossessione.
L’ultimo sogno proibito.
La vera condanna.

Vincere l’ottavo scudetto di fila sarà normale amministrazione.
Perdere l’ottava finale sarà tragedia.

Vinceranno ancora loro.
Se non abbandoneranno spontaneamente per noia.

La concorrenza non è poi così spietata come invece strombazza l’orribile Gazzetta.

Inter

È vero, le milanesi sono tornate. Ma vale la pena dirlo a voce bassa.

È vero, le milanesi hanno speso molto.

Soprattutto i Suninter.

Scudetto di Ferragosto a Pietro Ausilio.
Protagonista di autentici miracoli di finanza creativa.

Geniale la sua trovata di utilizzare il settore giovanile per realizzare plusvalenze. Ha ceduto sette giovani provenienti dal vivaio nerazzurro a vario titolo (cessioni definitive, con riacquisto o in prestito con obbligo di riscatto) per un totale di circa 35 milioni.
Meraviglia. Con sonora pernacchia al far play finanziario.

La plusvalenza. Il prestito con obbligo.
Ecco i veri Re del mercato.
Che il tutto puzzi un po’ di bruciato è un dettaglio che lasciamo agli schizzinosi.

Vrsaliko e il Ninjia cancellano le lacrime per gli addii di Cancelo e Rafinha.

Il belga inquieto è l’altra mandrakata di Ausilio. Strappato ai Sangue-oro a un prezzo da saldi, o giù di lì.

In più, a infoltire la rosa arrivano in difesa De Vrij e Asamoah a costo zero.

E tre, diconsi tre, punteros per guarire la solitudine di Wandicardi.

Politano è un nazionale di grande tecnica ancorchè discontinuo.
Keita torna in italia dopo un annata opaca nel Principato di Monaco.

El Toro

Ma chi incuriosisce davvero è Lautaro Martinez, detto El Toro.
Vent’anni, puro concentrato di tecnica, fantasia, atletismo e garra tutta sudamericana.
Segna un goal capolavoro ai Colchoneros ed entra subito nel cuore dei tifosi.
Innesti pregevoli e salto di qualità notevole.

Tutti sicuri. Il gap con gli ergastolani è colmato. L’Inter è tornata.

Può essere. I più accreditati rivali degli ergastolani sembrano loro.

Ma occorre ricordare che lo scorso anno i Suninter chiusero con oltre 20 punti sotto la prima.
E guardavano le coppe sdraiati su comodi e riposanti divani.

Ora dovranno giocare due partite a settimana.
Il terzino sinistro titolare è pur sempre uno scarto juventino.
D’accordo, Nainggolan.
Il tuttocampo che viene da un’annata così così.
Annata così così anche per Keita.

E poi non dimentichiamo il Parapet.
Che una sbroccata sesquipedale, magari proprio in una partita chiave, almeno una volta all’anno te la regala sempre.

Milan

Le milanesi sono tornate.
I rossoneri escono dalle maleodoranti secche cinesi e si fanno americani.

Colpo di spugna col passato.
Cancellata la vergogna dell’esclusione europea e rinnovata grandeur.

Via Fassone e dentro Paolo Scaroni, amico del Patonza (ma chissà se è mai davvero uscito da via Aldo Rossi, costui).

Un galantuomo.
Con con una condanna a Tangentopoli e tuttora sotto processo per una maxi tangente di 198 milioni di euro pagata ad esponenti del governo algerino per favorire la Saipem e l’Eni in alcuni appalti.
Garantirà la trasparenza dei bilanci.

Per la gioia dei tifosi, dietro la scrivania le belle facce di Leonardo, Maldini e Kakà.

Il Milan dei milanisti.
Che lenze sti americani.

Leonardo è intelligente. E piazza subito due colpi da maestro.

Restituisce al mittente il Bonaccio (che in una difesa a quattro è incisivo come una cover della Pausini) e si assicura Mattia Caldara, ovvero il futuro.

Poi il capolavoro Gordo. E a me vederlo vestire questa maglia con la striscia rossa piuttosto che bianca mi procura un sollievo inatteso. E sorprendentemente mi sta meno antipatico.

A completare le operazioni, ecco il gigante Bakakoyo ad aggiungere muscoli a centrocampo.

Gli americani hanno i soldi, e chi li ferma più.
Pernacchie al far play, ed ecco a voi Diego Laxalt e Samu Castillejo del Villarreal.

Se Ringhio riuscirà a stare calmo e lasciare a casa i suoi guai per riciclaggio e soprattutto a se riuscirà ignorare l’ombra nera di Parrucchino Conte, un posto in Champions lo becca sicuro.

Napoli inquieta

Napoli inquieta.

Sor Tuta va a Londra ad arricchirsi come era nei suoi obbiettivi dichiarati.

E nella valigia – già pronta a dicembre – porta con sé l’incanto di un calcio irripetibile e la gratitudine di un popolo adorante.

Porta con sé le briciole di un sogno che sogno fu.
E qualche spiegazzata motivazione di quell’attesa delusa.
La cocciuta ostinazione a voler insistere sempre sugli stessi, ancorchè allo stremo.
Il limite emotivo all’appuntamento con la Storia.

Va via Sor Tuta, in barba alle dichiarazioni d’amore e ai nobili propositi di lasciare solo dopo aver vinto qualcosa.

Va via lasciando la bacheca vuota e il vuoto di smarrimento negli occhi dei tifosi per un progetto incompiuto. E per una promessa tradita.

L’Impomatato tenta l’impossibile per trattenerlo.
Quando intuisce che tutto è inutile, contatta, e in un baleno chiude con il migliore in circolazione, non prima di fanculare a dovere il reprobo dannato.
Un colpo da autentico genio.

L’Agnolotto

L’Agnolotto viene da una brutta sventola bavarese e ha voglia di riscatto.
È uomo di campo.
E alla Nazionale ha preferito il quotidiano inebriarsi dell’erba fresca al mattino e del leppo acre da spogliatoio al meriggio.

È uomo di campo abituato a vincere con i superassi.
Sa bene che a Napoli di quella mercanzia non vedrà manco l’ombra.

Sa bene anche altro.

L’Impomatato gli avrà chiarito che vincere è un verbo poco consueto alla declinazione dalle parti di Castel Volturno.

Per quello, cioè per programmare uno scudetto o una Champions, occorrono risorse economiche e intese politiche che sono fuori dalla portata della società.

L’Impomatato avrà anche disvelato – con protervo cinismo – la sua pragmatica filosofia imprenditoriale nella gestione della società.

Gestione che prevede due obbiettivi imprescindibili.

Il primo. Individuare giovani talenti. Valorizzarli a dovere e poi rivenderli con soddisfacenti plusvalenze da fregarsi le mani.

Mi raccomando. Non facciamo come quello lì, che Rog e Ounas me li ha fatti infracitare in panchina.

Alla faccia della Napoli inquieta e puerile che insegue ancora il miraggio Matador. O almeno un torello granata con la cresta del Gallo.

Il secondo obbiettivo. L’orbita Champions. Che garantisce cospicui e appetitosi profitti.

Poi se in corso d’opera ci si troverà casualmente in condizioni favorevoli, e allora pazienza, si tenterà anche di vincere.

L’Agnolotto ha chinato il capo e ha detto sì.

Ha detto sì ed è tornato sul campo a inebriarsi della amata fragranza dell’erba.

E lì si è accorto che c’è tanto da fare.

Dimenticare i 91 punti. Dimenticare le glorie di una stagione irripetibile.

Smontare recenti ma resistenti nostalgie.

Ma ci vuole tempo.

E la squadra è indietro rispetto al lotto di vertice perché è l’unica ad aver cambiato panchina.

Ci vuole tempo

Via il fraseggio intenso a centrocampo.

Maggiore verticalizzazione e velocizzazione nello sviluppo delle trame.

Esterni altissimi pronti all’ assist per Arcadio, l’armadio di cristallo. Ma intanto proprio sugli esterni la rosa si presenta incompleta e lacunosa.

Triangolo d’attacco molto compatto.

Le prime uscite non hanno entusiasmato.

“C’è da preoccuparsi” ha sussurrato Re Carlo inarcando il mitico sopracciglio.

C’è da giocarsi una reputazione.

Soprattutto per un paio di scelte che appaiono al momento molto audaci.
Mareshark alla Pirlo.
E il fenicottero spagnolo che pare abbia voluto espressamente lui.

Ci vuole tempo.

Intanto nel gruppone davanti tutte migliorano.

Il lungimirante Monchi

Cambiano pelle i Sangue Oro sotto i colpi del lungimirante di Monchi.

Lo spagnolo ha costruito un telaio in prospettiva che è fra le cose che destano maggiori curiosità.

Un centrocampo nuovo di zecca.
Via il Ninja, la tartaruga più veloce del campionato e bando alle nostalgie.
Avanti con il portentoso Cristante a destra e il raffinato Pastore a sinistra.
Al centro il peso di Nzonzi a far rifiatare lo sfiatato De Rossi.

Un attacco con due ali giovani, veloci e tecniche ad assistere il Ciclope Bosniaco e poi l’attesa per esplosione del talento Shick.

Eusebio da Pescara è un tecnico moderno capace di cambiare modulo e assetto di gioco con grande spregiudicatezza.

Potrebbe essere la sorpresa.

Dalle parti di Ponte Milvio qualche mugugno.
Lotito sfida l’Impomatato per l’Oscar della taccagneria.

Chiedo informazioni ai miei amici laziali i quali sorprendentemente si mostrano moderatamente soddisfatti.

Il rinnovo del divo Sergheij è da considerare il vero acquisto importante.

Poi vedono molto bene Valon Berisha, il centrocampista norvegese di origini kosovare dai piedi vellutati e raffinatissimi.

A me pare che sostituire uno come Felipe ancorchè lunatico e discontinuo, non sarà facile.
E poi serve come il pane un esterno di difesa e un’alternativa a Ciruzzo di Torre. Comunque replicare la bella annata passata sarà dura.

Questo il quadro di vertice.
Dal punto di vista tecnico-tattico nulla di nuovo.

Il resto della compagnia

Per trovare motivi di innovazione e proposte alternative alla omologazione tattica bisogna scendere un po’ più in giù.

E lì troviamo il magnifico Empoli di Aurelio Andreazzoli.

Una vita da vice.
Una vita a studiare gli avversari, fornendo schede dettagliate a Spalletti a Montella a Luis Enrique.

Ebbe anche un momento di improvvisa gloria.

Quando nel febbraio 2013 venne esonerato Zeman, il direttore Franco Baldini gli affidò la squadra per la trasferta domenicale con la Sampdoria.

Una gara giocata benissimo, che la Roma meritava di vincere.
Ma accadde qualcosa che rovesciò il risultato.

Sangue-oro in vantaggio e rigore a favore.
Osvaldo toglie il pallone a Totti. Vuole assolutamente battere lui.
Il Pupone, stupito per tanta sfrontata impertinenza, lascia fare.
Osvaldo calcia dal dischetto e sbaglia.

Da quell’episodio la squadra perde concentrazione ed esce sconfitta.

Ma la domenica successiva Andreazzoli batte l’invincibile Juventus di Antonio Conte.
E dal quel momento fino a fine campionato raccoglie tanti successi e tanti consensi che contribuiscono a promuoverlo agli onori della cronaca.

Ma la finalissima in Coppa Italia persa malamente con la Lazio sarà fatale.
Niente più riconferma, che sembrava già acquisita.

Da allora Andreazzoli rientra nei ranghi con la consueta umiltà, ritornando alla sua attività di scrivano di schede dettagliate.

Poi l’ inverno scorso la chiamata a Empoli per sostituire il defenestrato Vivarini.

Ed è subito meraviglia.

Inanella una serie incredibile di record.
Promozione con quattro giornate d’anticipo.

Empoli si sa, è terra sarriana. Ed è terra di calcio sperimentale. Baldini prima di Sor Tuta. Giampaolo dopo.

E Nonno Aurelio applica fedelmente il sarrismo più puro.
Palla bassa, verticalizzazioni, difesa altissima e mezzali essenziali in fase di costruzione.

Un calcio sublime.

Sarrismo puro. Ma se vogliamo più evoluto.

Perchè se Sor Tuta ha il pallino del dominio del match, con l’ossessione del fraseggio, Nonno Aurelio aspetta.
E gioca a folate.

Un po’ Sarri, un po’ Acciughina insomma.
La bellezza e il pragmatismo.

Sarà una delle curiosità del prossimo campionato.

Dazn

Che intanto quest’anno ci regala la figata pazzesca di Dazn.

Mi iscrivo ovviamente. Il mio innocente desiderio è quello di vedermi la partita sullo schermo grande della smart tv. Faccio dei tentativi di connettere televisore a internet. Ma, maldestro come sono, sbaglio qualcosa. Addio segnale wi fi.
Qualche amico che mi ospita lo troverò.

Li possino.

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