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Giù le mani da Pulcinella, non c’entra niente con Di Maio

Pulcinella si presentava semplice per essere complesso. Di Maio si presenta impettito per essere, sostanzialmente, ininfluente. Pulcinella era vitale, ribelle. Di Maio è istituzionale, felpato.

Giù le mani da Pulcinella, non c’entra niente con Di Maio

La gloriosa maschera

Qualche articolista in cerca di immagini suggestive ha già rispolverato Pulcinella, come immancabilmente capita quando si parla di napoletani, per segnalare il grottesco e il buffo nei comportamenti e nelle ultime scelte ballerine di Luigi Di Maio. Ma che c’entra la gloriosa maschera della commedia dell’arte partenopea con il giovane e un po’ confuso leader dei Cinquestelle? Proprio nulla, se non la solita, goffa, assonanza incolta che viene compiuta da chi su Napoli è più abituato ai luoghi comuni che alla conoscenza.

La maschera di Pulcinella è del Cinquecento e qualcuno la data ancora più indietro, alle Fabulae Atellanae, gli spettacoli popolari dell’antica Roma. Nella sua versione moderna, Pulcinella altro non è che un contadino acerrano, con il naso lungo, e il volto segnato dal sole, la mani di fatica, la schiena piegata, che però ha una capacità interna, dell’anima diremmo oggi, di uscire dal dolore col sorriso, prendendosi per altro beffa del potere. Quanto di più lontano ci sia da quel ragazzo di Pomigliano così a suo agio in giacca e cravatta, tra gli stucchi dei palazzi del potere romano. Pulcinella, semmai, lo avrebbe sbeffeggiato, gli avrebbe danzato intorno il suo ballo buffo, musicando il controcanto dello svelamento.

Pulcinella raccontava il potere

Oggi lo chiameremmo retroscenista, Pulcinella, per la sua capacità di raccontare il dietro le quinte del potere, quello che non si mostrava, quello che non si vedeva. Altro che giovanotto di piazza prestato al potere, altro che sorriso stereotipato e giravolte nei comportamenti, nelle posizioni politiche, nelle tattiche; altro che difficile relazione con la verità. Di Maio non ha nulla di Pulcinella, che invece incarnava il prototipo di stupido-furbo, di saggio-sciocco: cioè esattamente – direi – il contrario del leader pentastellato. Pulcinella si presentava semplice per essere complesso. Di Maio si presenta impettito per essere, sostanzialmente, ininfluente, incapace di determinare orientamenti e indirizzo. Pulcinella svelava, Di Maio vela. Pulcinella rivelava, Di Maio copre. Pulcinella era vitale, ribelle. Di Maio è istituzionale, felpato. Pulcinella scardinava gli angoli del quotidiano per demolire il potere. Di Maio cerca il potere come ultima spiaggia di un incerto cammino personale.

Quella è la faccia di Di Maio

Infine, Pulcinella era commediante volto al sorriso, anche nelle difficoltà, Di Maio cela dietro il sorriso, i tratti di un dramma. Quello di un popolo che stremato gli affida una speranza, quello di una classe politica che si dice nuova e invece ripropone entrambi gli elementi di blocco di quella vecchia: la propaganda e l’immobilismo.

Non che pretenda oggi, con questi chiari di luna, di imporre al caotico, a volte cervellotico, dibattito politico, una riflessione culturale sulle espressioni da usare, sulle immagini appropriate da scomodare. Ma se volete parlare di Pulcinella, fatelo con il rispetto che si vede a una maschera che partiva dai lazzi per parlare al cuore, che destrutturava ogni retorica per arrivare all’essenziale. Nulla a che vedere con chi nel teatrino della politica ha scelto il ruolo del moralizzatore, per giunta finto.

Niente maschera sul volto di Di Maio. Quella è proprio la sua faccia.

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