Non solo ha indotto Hamsik e Mertens a rimanere, ma i calciatori hanno anche cambiato la versione dello scudetto perduto: «In campo e non in albergo, manca la mentalità vincente»

Il canto delle prefiche
L’annuncio ufficiale di Ancelotti al Napoli è di mercoledì 23 maggio. Non è trascorsa nemmeno una settimana. L’allenatore non ha ancora visto i calciatori né ha visitato il centro di Castel Volturno (lo farà a luglio) eppure sembra passata un’era geologica dalla fine del campionato e dallo stato di angoscia che aleggiava – come al solito, aggiungiamo – sul Calcio Napoli. Era già cominciata la litania delle prefiche al funerale del Napoli. Che cosa ne sarà di noi senza Sarri? Noi miseri, noi tapini. Arriverà Giampaolo, o Semplici. Nulla sarà più come prima. Come se prima di Sarri – cui, ripetiamo, va un lungo e meritato applauso per quanto fatto sul campo – il Napoli militasse in Serie B e non avesse vinto nulla.
Un piano B chiamato Ancelotti
Poi, è arrivato il colpo di Aurelio De Laurentiis. Il presidente ha atteso fino a domenica pomeriggio, negli spogliatoi del San Paolo, una risposta da Maurizio Sarri. Risposta che non è mai arrivata. Lo abbiamo già scritto: resta incomprensibile l’atteggiamento dell’ex allenatore del Napoli. Che, al di là delle motivazioni che lo hanno spinto ad agire così, ha gestito malissimo le ultime settimane alla guida del Calcio Napoli. E che da un giorno all’altro è stato disarcionato e ora rischia di rimanere anche senza squadra se il Chelsea non verserà la clausola di otto milioni al club di De Laurentiis. Evidentemente Sarri – forte dei risultati raggiunti, le tre qualificazioni consecutive in Champions – credeva di poter condurre la trattativa con il Napoli, non avrebbe mai immaginato che il presidente avesse in mano un piano B e men che meno che il piano B potesse chiamarsi Carlo Ancelotti. Mossa che noi sul Napolista abbiamo definito la Hiroshima del papponismo.
I calciatori in fila per le dichiarazioni di stima
E gli effetti di Carlo Ancelotti sul Napoli sono più che evidenti. Il canto delle prefiche all’orazione funebre del Napoli prevedeva l’elenco dei calciatori in partenza: Hamsik, Mertens, Jorginho, Callejon oltre ovviamente a Reina. Qualcuno probabilmente partirà. Altri, però, proprio oggi hanno fatto sapere di aver parlato con Ancelotti e di essere onorati di poter lavorare giocare nel Napoli con lui allenatore. Non è soltanto adeguarsi al vento che cambia. È una scelta. Decisione che sembra presa sia da Hamsik sia da Mertens. Anche qui, ricordiamo le dichiarazioni di Sarri sul Napoli che avrebbe perso qualche pedina (e qualcuno andrà via) che non sarebbe stata certamente sostituita da pedine del Barcellona. Sembrava che il Napoli fosse un ridimensionamento per il Napoli.
È cambiata anche la versione sullo scudetto perduto
Gli effetti non terminano qui. In pochissimi giorni, è cambiata anche la versione sul campionato perduto. Il Napoli non lo ha più perso in albergo, come ha detto Sarri, ma il Napoli lo ha perso sul campo e nella testa. Lo hanno ribadito via via tutti i calciatori più rappresentativi. Da Insigne («Quest’anno siamo andati vicini alla vittoria ma non ci siamo riusciti per colpa nostra, perché abbiamo sbagliato qualcosa») a Mertens che è persino più esplicito («Non credo che abbiamo perso il titolo in quel momento, se avessimo finito con 96 punti, la Juve ne avrebbe avuti 98. I giocatori della Juve sono più forti di noi mentalmente»). E sul tasto della forza mentale batte anche Hamsik: («Quando una persona è abituata a vincere, porta una mentalità vincente e qualcosa di nuovo alla squadra»).
Proprio come aveva anticipato Demetrio Albertini nella sua intervista al Mattino:
Penso proprio che Ancelotti possa far crescere anche la modalità di approccio della piazza perché sappiamo tutti che a Napoli ci si entusiasma e ci si deprime rapidamente. Ma non sarà l’ambiente a doversi adattare a lui, perché Carlo è così bravo da farlo sembrare naturale.
La voglia di dimostrare la propria forza
E infatti in modo naturale, dopo aver parlato con Ancelotti, tre giocatori rappresentativi del Napoli hanno cambiato idea o comunque si sono distaccati da quella che fino a dieci giorni fa era la versione ufficiale sul campionato perduto dal Napoli.
C’è anche un altro aspetto da tenere in considerazione, che ovviamente andrà poi testato alla prova del campo, e cioè che si tratta di calciatori forti e desiderosi di dimostrare di esserlo anche con un altro allenatore. Sarri ha tanti meriti, è indubbio, lo testimoniano i risultati (su tutti le tre qualificazioni consecutive in Champions), ma a un certo punto è quasi passato il messaggio – secondo noi profondamente sbagliato – che il Napoli fosse una squadra di categoria inferiore condotta esclusivamente dalle virtù del tecnico alle porte dell’Olimpo. Sul punto ci siamo espressi più e più volte, non è il caso di tornarci su.
Proprio perché dotata di giocatori forti, la società calcio Napoli ha ingaggiato il miglior allenatore che ci fosse su piazza. E non lo ha fatto per smantellare l’impianto di squadra e portare chissà chi, ma principalmente perché crede in loro. Ancelotti crede nella rosa del Napoli, rosa che ovviamente sarà ritoccata. Ma non si conquistano 91 punti in campionato per caso. Anche qui ci ripetiamo: il progetto che sembrava stare stretto a Sarri, è stato giudicato affascinante da Ancelotti. Che da Londra e Vancouver ha cominciato a lavorare. E ha subito ottenuto i primi risultati: la probabile permanenza di Mertens e Hamsik, e una nuova narrazione dello scudetto perduto. Non più in albergo ma sul campo. Tu chiamala, se vuoi, mentalità.