Come Allegri e la Juventus hanno incartato il Real Madrid di Zidane, fino all’episodio (tecnico) dell’ultimo minuto. E prima di un postpartita che ha macchiato una serata comunque bellissima.
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Una partita meravigliosa
Abbiamo scritto tantissimo di Real Madrid-Juventus. Del contesto mediatico che ha incorniciato la serata, di arbitri e reazioni e commenti. In ogni caso, però, va sottolineato un aspetto fondamentale: la meravigliosa partita della squadra di Allegri. Che, fino al momento del calcio di rigore fischiato per fallo di Benatia su Lucas Vazquez, è stata praticamente perfetta.
In questo caso, perfetta non vuol dire inappuntabile dal punto di vista tecnico e tattico. Difficile non soffrire o non concedere occasioni quando ti trovi di fronte il Real Madrid. La perfezione della Juventus, soprattutto rispetto alla gara d’andata, è da ricercare nella sua voglia/capacità di giocarsi la partita alla pari con un avversario fortissimo. Nei tre gol realizzati giocando il proprio calcio, senza snaturarsi ma sfruttando gli squilibri che si erano (intra)visti nel Real di Zidane anche nella partita d’andata.
A Torino, lo 0-3 finale fu frutto di una serata in cui Ronaldo e i suoi disegnarono una partita di enorme qualità contro una Juventus poco lucida in difesa e sfortunata nelle poche occasioni offensive. Ieri sera, la squadra di Allegri ha offerto una prestazione maiuscola, grazie ai fondamentali recuperi di Benatia e Pjanic (calciatori fondamentali per tenere alta la qualità del palleggio) e una serie di accorgimenti tattici che hanno saputo ribaltare l’inerzia del gioco. Si pensi, semplicemente, all’inserimento di Mandzukic sulla sinistra; al conseguente mismatch puramente fisico con Dani Carvajal. Sulla direttrice right-to-left sono arrivati i due gol che hanno indirizzato la partita.
Valori in equilibrio
Alla fine, una lettura dei dati statistici permette di (iniziare a) comprendere lo sviluppo del match del Bernabeu. La Juventus ha tentato 11 volte la conclusione verso la porta di Navas, il Real è arrivato a quota 18. Una differenza che ci sta, confrontando il valore dei due organici e le ideologie dei due tecnici. Rispetto al match di andata, la squadra di Allegri ha creato occasioni più limpide, grazie a una serie di meccanismi in grado di evidenziare i problemi difensivi degli avversari. Oltre al già citato confronto diretto Mandzukic-Carvajal, vanno sottolineate le prestazioni eccellenti di Khedira e Matuidi come incursori di centrocampo. Le due mezzali bianconere sono state precise e puntuali nello sfruttare lo spazio di mezzo tra la linea difensiva delle Merengues e i due laterali difensivi.
Zidane, all’inizio del secondo tempo, ha dovuto ribaltare le sue scelte iniziali. Ha inserito Isco e Asensio al posto di Casemiro e Bale, aumentando la qualità nel palleggio e ristabilendo dei buoni meccanismi d’uscita. Non a caso, la Juventus della ripresa ha costruito molto meno che nel primo tempo. Appena 5 conclusioni, di cui 3 da fuori area più il tap-in vincente di Matuidi.
Alla fine, si può parlare del match del Bernabeu come 93′ di calcio equilibrato, tra due grandi squadre. Con una Juventus più cinica e meglio organizzata rispetto agli avversari, dal primo minuto.
Il capolavoro mancato
Tutto è stato cancellato da e nel finale. La Juventus ha sbagliato l’ultima lettura difensiva, concedendo a Ronaldo un’ampia profondità e sguarnendo lo spazio al centro dell’area di rigore. A quel punto, la (consueta) congiuntura astrale tra fortuna e bravura ha permesso al portoghese di mangiarsi Alex Sandro sullo stacco e trovare Vazquez a centro area.
La rete del Madrid è arrivata al termine di un quarto d’ora di puro forcing offensivo. Col senno di poi, Allegri avrebbe potuto giocarsi prima una sostituzione di “alleggerimento”, in modo da dare fiato a uno dei calciatori più in difficoltà dal punto di vista fisico (ci viene in mente proprio Mandzukic). Allo stesso modo, la strategia del tecnico bianconero – tenersi i due cambi per i supplementari – avrebbe potuto pagare importanti dividendi se l’ultimo pallone della partita non si fosse trasformato nel rigore decisivo.
Prima del momento finale, abbiamo visto davvero il bello del calcio, un capolavoro mancato che ha sfiorato l’impossibile. Dopo, la pessima reazione emotiva di tutto l’ambiente bianconero ha finito per macchiare una splendida notte di sport, una partita che è andata a un passo dall’epica assoluta.
Il calcio italiano
È un bel segnale, 24 ore dopo Roma-Barcellona. L’impresa sfiorata va accreditata alla Juventus e non al movimento italiano, sarebbe un errore mastodontico confondere le due cose. Più di ogni altra cosa, però, il club bianconero e il nostro sistema devono riuscire a recepire i segnali. Ovvero: l’opzione di giocare a calcio, a prescindere dai posizionamenti ideologici, è sempre un ottimo punto di partenza. Alla Roma è bastato, alla Juventus no. Intanto, però, almeno per una sera il gap tecnico ed economico è stato colmato. Anzi, a un certo punto è parso addirittura ribaltato. Ecco, si costruisca da questo check-point di consapevolezza.
E ci si dimentichi del postpartita, che ha evidenziato i nostri più seri problemi di (in)cultura sportiva. Per quanto visto in campo, per quanto detto dopo. Per i racconti che sono stati fatti.