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Se penso al Napoli penso al benvenuto. E la storia non è finita

Fiorentina-Napoli, la partita non guardata: il tempo dei ricordi non è ancora arrivato. Anche se non c’è perfezione, c’è stata la voglia di elevarsi.

Se penso al Napoli penso al benvenuto. E la storia non è finita

“Siamo il ricordo di qualcuno che ci sta dimenticando?” Partiamo da questa frase, semplice e complicata allo stesso tempo. Semplice perché chiara, complicata perché all’interno contiene un contrasto, qualcosa a cui quasi mai pensiamo; eppure spesso è così. I ricordi di per sé non sono mai nitidi, puliti, più facile che siano frammenti, sovrapposizioni di immagini, memorie sporcate dal tempo, dal sentimento, dalla nostra capacità di dimenticare. La frase è tratta da un romanzo molto bello: Farabeuf di Salvador Elizondo (Liberaria, 2018, trad. di Giulia Zavagna), e da sola è in grado di far a pezzi molte delle nostre certezze. Siamo abituati a collocarci in primo piano nei ricordi di chi è stato per noi importante, non accettiamo di essere sfumati e, nemmeno troppo lentamente, di svanire.

Elizondo scrive, tra le altre cose, che un ricordo per essere vero, ovvero essere memoria – testimonianza temporale – di un fatto avvenuto, nel caso del romanzo sentimentale, nel caso del campionato pure, occorre che venga ricostruito dettaglio per dettaglio, scena per scena, altrimenti il ricordo non esisterà, sarà solo proiezione. Forse resterà viva solo l’ultima immagine, che nel nostro caso è il terzo gol della Fiorentina.

L’immagine di una stagione

Crediamo che sia veramente questo il nostro ricordo di una stagione? Riteniamo possibile che una buona prestazione di una squadra (senza offesa) abbastanza insignificante diventi il centro della nostra memoria calcistica? No, grazie. La letteratura ce lo spiega bene, ora sta a noi stabilire se il Napoli è il ricordo che stiamo già dimenticando, o se invece, come credo io, sia un ricordo ancora da elaborare, e – addirittura – che non sia affatto un ricordo, perché i ricordi partono dalla fine di una storia.

La storia non è finita, e non mi riferisco al punteggio o alla classifica ma al fatto che la storia non finirà alla fine del campionato, di questo sono certo. Per creare i ricordi c’è tempo, per dimenticarli pure, per limitarci all’ultima immagine altrettanto.

Non ho tempo per gli arrivederci

E noi qui a guardarci nelle palle degli occhi, davanti al cartello del paese. Più che un benvenuto sembra la lapide dove siamo già sotterrati tutti.

Guardiamoci tutto il tempo che vogliamo, attribuiamo o meno colpe, prendiamoci o meno le responsabilità, cerchiamo la partita decisiva o capiamo che non si tratta di una singola gara. Decidiamo il colpevole, scegliamo il giocatore da fare a pezzi, cerchiamo l’eroe quello che c’è sempre stato. Scriviamo ora o mai più se abbiamo provato a prendere il palazzo o se siamo rimasti nel box. Diciamoci adesso cosa conta davvero, contano tutte le emozioni provate o conta solo l’ultima. Guardiamoci nelle palle degli occhi e pensiamo a come eravamo belli squadra e tifosi la scorsa settimana, e a tutte le volte che lo siamo stati. Pensiamo che si vince e che si perde, ma che se non sei lì non puoi nemmeno provarci.

Pensiamo che ognuno poi possa provarci con gli strumenti che ha a disposizione, e il Napoli i suoi li ha utilizzati tutti, ha fatto fin qui il meglio possibile. C’è perfezione in questo? Certo che no, c’è la ricerca di una possibilità, c’è la voglia di elevarsi, nessuno potrà raccontarmi che il Napoli abbia viaggiato rasoterra. Il Napoli gioca palla a terra, ma vola alto.

Il libro da cui è tratta la seconda frase è di Sacha Naspini è si intitola “Le Case del malcontento”. Spero che nessuno di voi sia tra quelle case, che nessuno di voi abbia il cartello di benvenuto a forma di lapide.

Se penso al Napoli penso al benvenuto, non ho tempo per gli arrivederci o per l’addio.

#IoStoConSarri  e con ognuno dei calciatori.

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