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Quando, bambino, dissi: «Non andate via, ora il Napoli segna». E mi portarono in trionfo

La prima volta fu Napoli-Lazio del 1996, con Simoni in panchina. Un gruppo di persone stava lasciando lo stadio sullo 0-0, poi segnò Cruz

Quando, bambino, dissi: «Non andate via, ora il Napoli segna». E mi portarono in trionfo
Andrè Cruz

Simoni in panchina

Il mio giorno all’improvviso cadde il 22 dicembre 1996, giorno in cui varcai con mio padre la soglia del “San Paolo” per la prima volta nella mia vita. La stessa data, 18 anni dopo, della Supercoppa di Doha vinta contro la Juventus ai rigori.

Quel pomeriggio lo ricordo ancora come se fosse ieri: il Napoli di Gigi Simoni fu protagonista, fino a quel momento, di un campionato al di sopra delle proprie aspettative. A Fuorigrotta arrivava la Lazio di Zeman, Nedved, Marchegiani e Casiraghi per un inedito quanto sentito scontro al vertice.

Eravamo in Curva B e il freddo non esitava a far sentire la sua presenza. A ripararmi c’erano le braccia di mio padre e quella stessa sciarpa azzurra al collo – acquistata pochi istanti prima da un ambulante – che ancora oggi mi accompagna nelle trasferte lungo lo Stivale e nelle comparsate nel Tempio (vivo a Milano).

“Perché state andando via?”

Seguivo la partita con occhi vispi e carichi di curiosità, sorpreso ed estasiato di poter vivere così da vicino le gesta dei miei primi beniamini. C’erano Pino “Batman” Taglialatela, Roberto Ayala, Ciccio Turrini, Beto, Nicola Caccia, André Cruz, Alain Boghossian, Mauro Milanese, Fabio Pecchia, Alfredo Aglietti.

Per essere la mia prima volta allo stadio, lo spettacolo non si stava rivelando essere dei migliori: i tifosi borbottavano e tra di loro si faceva sempre più largo l’idea dello 0-0 finale che “contro a nu squadrone come la Lazio era pure buono”.

Qualcuno accennava anche ad andar via quando, sorpreso da ciò che vedevo, innocentemente dissi: “Perché state andando via? La partita non è ancora finita. Adesso Napoli segna”.

Stranamente in tanti si fecero convincere dalla mia profezia: “Arò iate, o’uaglione a ritte ca mò signamm”. E ritornarono al proprio posto giusto in tempo per vedere il gol decisivo di André Cruz in pieno recupero.

Fu il caos, il delirio: i miei vicini di Curva mi scipparono letteralmente dalle mani di mio padre per abbracciarmi e portarmi in trionfo. Fu un turbinio di emozioni indescrivibile e impagabile, dal valore assoluto.

E da quel giorno la mia vita divenne inevitabilmente e irrimediabilmente tinta d’azzurro.

Raccontate al Napolista il giorno all’improvviso in cui vi siete innamorati del Napoli, scrivete a redazione@ilnapolista.it 

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