ilNapolista

Giuseppe Galasso, una vita per la storia e per il Mezzogiorno

Se n’è andato questa notte, a 88 anni. I suoi studi sul meridionalismo, il suo impegno politico, la legge ambientalista che porta il suo nome.

Giuseppe Galasso, una vita per la storia e per il Mezzogiorno

In fila per lui al Bellini

L’ultimo nostro incontro, al Teatro Bellini, risale a tre mesi orsono in occasione della prima lezione di un ciclo dedicato alla Rivoluzione Napoletana del 1799. Fuori, in fila per entrare, c’erano più di trecento persone, una folla da rockstar per il “concerto” di uno storico, roba da non credere e Galasso ne rimase fortemente sorpreso: «Sono venuti tutti per me, chiese agli organizzatori, speriamo bene». Fu un trionfo al quale altri ne sarebbero seguiti, ma il fil rouge che ha sempre legato lo storico ai suoi discepoli, anche quando l’Università c’entrava poco o niente, si è di colpo spezzato. In piena notte, poche ore fa, quasi in punta di piedi.
Peppino Galasso aveva 88 anni e fino all’ultimo respiro è stato un protagonista instancabile e, più ancora, un napoletano che ha molto camminato, uno studioso e un meridionalista al quale tutti dobbiamo essere riconoscenti. Polemista di vaglia, repubblicano nel solco di Ugo La Malfa e di Francesco Compagna – insieme hanno fondato il settimanale “Nord Sud” primo baluardo democratico quando a Napoli imperversavano Achille Lauro e la Dc di Silvio Gava – e ha dimostrato sempre fastidio per la presenza invasiva della politica di potere e per quella da vetrina.

La legge che porta il suo nome

Quando ha lasciato Montecitorio, dopo due mandati da viceministro nei due governi a guida Craxi, non ha sbattuto la porta, ma ha annunciato che non sarebbe più ritornato. E così è stato anche se da parlamentare aveva lasciato un segno forte e nobile della sua presenza firmando la legge che poi sarebbe passata alla storia parlamentare come la “sua” legge – non più soltanto un numero – per la protezione del paesaggio fissando un vincolo (l’impossibilità di costruire a meno di 500 metri dalla costa) che se fosse stato rigidamente rispettato avrebbe inferto un durissimo colpo all’abusivismo che, invece, è dilagato.
Questo è il Galasso che tutti i benpensanti hanno imparato a conoscere, ma ce n’è un altro che l’episodio della fila di ascoltatori della sua lezione di storia ha in parte rivelato: Peppino ha inteso l’insegnamento alla Federico II e al Suor Orsola Benincasa, ma anche la sua copiosissima produzione culturale che ha spaziato dai libri alla collaborazione ai principali giornali italiani (il Mattino, Il Corriere della Sera, la Stampa e l’Espresso del quale è stato anche membro del consiglio direttivo) alla presidenza della Biennale di Venezia e alla riedizione di tutte le opere di Benedetto Croce per conto di Adelphi come impegno civile.

Il Mezzogiorno

Abbiamo lasciato per ultimo la battaglia per il riscatto culturale, civile ed economico del Mezzogiorno che ha trovato il momento più alto nella denuncia dell’accantonamento progressivo delle grandi questioni poste dall’ultima frontiera del meridionalismo che non ha mai abbandonato le barricate. Anche se è rimasto senza munizioni. Ed è stato costretto a indietreggiare. Galasso se n’è andato portando con sé le inquietudini che sono anche le nostre. Era preoccupato, e non ne faceva mistero. Nell’intervista concessa un mese fa a Repubblica e ad Antonio Gnoli rese una dichiarazione che oggi assumiamo come testamento culturale e politico: «Lo studio della storia marcia insieme alla passione civile ma oggi stanno tornando forze oscure e minacciose». Lo temiamo tutti, siamo addirittura terrorizzati.
ilnapolista © riproduzione riservata