Il commento di Mario Sconcerti sul Corriere della Sera: «In questi mesi si è parlato troppo di Var e poco degli arbitri. Un errore. Sono sempre gli arbitri che guardano e decidono».
L’articolo sul Corriere della Sera
Mario Sconcerti scrive sul Corsera del difficile momento del rapporto tra gli arbitri e il Var. Ne fa una questione di ruoli, anzi di rapporti tra uomini mediati – e neanche tanto – da una tecnologia gestita da uomini. E quindi, il suo discorso non chiama in causa la validità del supporto tecnologico, bensì l’uso che se ne fa. Secondo l’editorialista, «in questi mesi si è parlato troppo di Var e poco degli arbitri. Un errore. Sono gli arbitri che guardano e decidono. Non è vero che è nuova tecnologia, quella è inappellabile, come il gol-non-gol. La Var è semplice televisione, fotogramma per fotogramma. La Var esprime, non giudica. Continuano a giudicare gli arbitri, solo che lo fanno riguardando come vogliono l’azione».
In più, devono confrontarsi con una perdita di centralità che sta causando «una ribellione macchinosa ma evidente, per due punti. Primo: l’arbitro, tramite moviola indiretta, è costretto a confrontarsi con sé stesso, con i propri possibili errori. Secondo: una sfida interpretativa tra il direttore di gara in campo e due colleghi rinchiusi nel sotto-stadio. Cioè uomini contro uomini, niente più macchine, solo pareri, vanità. Chi è il migliore, il più bravo, chi arbitra o chi controlla? Chi farà più carriera? Questo è il punto, chi va avanti?».
Rapporti (di forza, e non solo)
La rivoluzione, finora, ha avuto effetti essenzialmente positivi. Oggi siamo, almeno secondo Sconcerti, in un «primo periodo grigio». Perché il supporto del Var e dei Var (intesi come arbitri colleghi che interpretano gli episodi alla tv) è «una menomazione chiara, la spartizione del loro potere con altri dello stesso mestiere che cercano di trovare il loro errore. Doppia malattia, insopportabile. È da questo che nasce la rivolta, quella che porta l’arbitro a contestare sinistramente la Var». E a giornate come quella appena finita, ricca di contestazioni ed episodi al limite della comprensibilità, più che del regolamento.